giovedì 8 dicembre 2011

Da Gela contro la mafia

Fonte: Peacereporter.net
Di Stella Spinelli
 
Ignazio Giudice è segretario generale provinciale della Fillea Cgil di Caltanissetta e ci racconta la mafia oggi, la lotta di tanti siciliani per sconfiggerla e le troppe connivenze che la rendono dura a morire
 
Ignazio Giudice, sindacalista, siciliano e contro la criminalità organizzata. Raccontaci la tua lotta quotidiana....
Mi piacerebbe parlare di impegno per la legalità, affermazione dei diritti, sostegno quotidiano a favore della cultura del lavoro. Tutto questo spesso in Sicilia si è trasformato in lotta contro la mafia. E' accaduto che metter piede in un cantiere non faccia dormire boss mafiosi, chi fa affari con loro e chi, "distrattamente", li copre.
In ogni battaglia ci hai sempre messo il cuore e soprattutto la faccia. E le minacce non sono mancate. Non hai mai avuto paura?
E' bello, e non accade ogni giorno, impegnare il proprio cuore e la propria faccia per tanti altri cuori e tante altre facce, metafora di tante esistenze di lavoratori e lavoratrici che ogni giorno ti danno fiducia ma che, come giusto che sia, non sono disposti a regalartela. Ho scelto l'impegno sindacale, nella società, tra la gente della mia terra, e non posso, oggi, tirarmi indietro, non lo farò per nessuna ragione al mondo. Ho ricevuto tante minacce, una anche davanti a un bar della mia città e non mi sono mai arreso. Quel giorno, davanti ai clienti di quel locale attoniti, parlando sopra alle urla di chi mi augurava quanto di peggio possa accadere alla mia vita, ho risposto che la denuncia del giorno prima (motivo delle minacce del giorno dopo), era più che fondata e che non sarebbe stata l'ultima. E cosi è stato. Ricordo ancora cosa dichiarò a una giornalista del giornale La Sicilia, un imprenditore di Paternò che a Gela doveva costruire un parcheggio per conto del Comune dopo che io denunciai sui giornali locali ciò che di illegale accadeva nel suo cantiere: annunciò una querela per diffamazione. Ecco, a distanza di 4 anni, attendo ancora quella querela. Nel frattempo, l'impresa è stata cacciata dall'appalto per contaminazione mafiosa. Ed è stato il Comune di Gela a sbatterla fuori. Una piccola vittoria, certo, ma inutile se poi la stessa impresa non paga gli arretrati ai lavoratori e per giunta concorre e si aggiudica altri appalti fuori dal comune. Se un'azienda è in odor di mafia lo è sempre e ovunque, questa è una scelta da cui non si torna indietro.
Se ho paura? La paura è una delle compagnie che ti fa ricordare che denunciare e proporre è la responsabilità che ti sei assunto. La paura è nient'altro che una condizione umana.

Come sta Cosa Nostra?
Dovremmo chiederlo "ai medici" che se ne prendono cura. Ai tanti che fanno finta che Cosa Nostra non esista, che non sia in molti cantieri, nell'imposizione delle forniture, nelle assunzioni in nome della quiete sociale. E' meno forte di prima, certo, e questo grazie alle forze dell'ordine, ai magistrati che infliggono pene pesantissime e anche a poche ma necessarie istituzioni democratiche e politiche che schierano le proprie intelligenze e le energie in modo netto contro il crimine e l'economia controllata. Ma se dovessi giudicare la salute di Cosa Nostra e delle mafie in relazione agli obiettivi del Governo nazionale - che ora intende persino assumere provvedimenti legislativi per indebolire l'uso delle intercettazioni, strumento indispensabile per la lotta alla mafia - allora dovrei pensare che la mafia è un lontano ricordo, perché non compare fra le priorità dell'Esecutivo. Eppure la Mafia è viva e vegeta e il numero dei politici inquisiti e/o già condannati per reati pesantissimi è uno dei più brutti esempi che il nostro paese sta dando. C'è molto da fare e ciò non può essere fatto solo dai magistrati. 

E la Sicilia?
Sono legato da una profonda stima all'attuale Presidente dell'associazione nazionale magistrati di Caltanissetta, Giovanbattista Tona, e faccio mia una sua riflessione a proposito della Sicilia e della lotta alla mafia da parte di tanti siciliani. Il giudice Tona afferma: "Quella che da altre parti sarebbe stata definita un'autentica guerra civile, io da ragazzo la vivevo come qualcosa di inaccettabile con la quale sembravamo condannati a convivere; fu questo a far scattare in me la voglia di essere protagonista del mio futuro e di quello della nostra terra". Ecco, siamo tanti i siciliani interessati al nostro futuro e per averlo, dando un senso alla vita e all'esistenza, dobbiamo indebolire ciò che è morte e mortificazione delle coscienze. La Sicilia ha un cuore che pulsa in memoria dei tanti caduti nel cammino di liberazione dalla violenza e dal ricatto, ma è anche terra di potenti latitanti e affaristi, e sono convinto che i giovani, anche attraverso i social network, stanno ridisegnando una nuova regione nella quale restare per migliorarla. La natura ha regalato tanto alla Siciliaiani, penso alla storia, ma anche al mare che amo, a noi giovani il compito di non abbandonarla e farla ripartire.

Parlaci delle tante associazioni di base che lottano contro la mafia. Quale salvi e perché? E chi ritieni sia, invece, criticabile?
Partiamo dalla fine della domanda. E' criticabile l'associazione non coerente con i propri fini statutari e sociali, che dice una cosa e opera per fare l'esatto opposto, insomma l'incoerenza crea imbarazzo e non poco, credo che l'incoerenza sociale debba essere isolata e denunciata, perché si trasforma in virus contagioso. Un esempio? Salvo il sindacato che parla di mafia nelle relazioni congressuali e che se incontra mafiosi in un cantiere li denuncia e si rifiuta di iscriverli nel rispetto dei lavoratori onesti e della missione di tutela della legalità su cui si fonda il sindacato. Salvo le associazioni di imprenditori che denunciano la richiesta di pizzo, l'usura e hanno i lavoratori (dalle segretarie agli operai), in regola nel pieno rispetto del contratto nazionale di lavoro. Salvo le associazioni antiracket che si costituiscono parte civile ai processi e che hanno iscritto tra gli associati operatori economici che non hanno lavoratori in nero o part - time che invece lavorano tutto il giorno. Insomma, la domanda è molto interessante e potrei continuare, ma ciò che muove il ragionamento e quindi la scelta etica a favore della legalità è la coerenza e successivamente la convenienza, motivo per cui condivido il sostegno economico agli operatori economici vittima del racket e/o dell'usura. Ora dobbiamo pensare a chi risarcisce i lavoratori vittime di imprese confiscate che spesso l'indomani muoiono, o lavoratori che aiutano nei cantieri a denunciare l'illegalità. Dobbiamo far sì che la legalità convenga. Nel contrasto alla mafia l'equità sociale di trattamento è un obiettivo da perseguire.

Hai una ricetta per una Sicilia, un'Italia, un mondo migliore?
Sarei presuntuoso ad affermare di avere una ricetta, certo ho tanti pensieri per la Sicilia, regione che amo, e per l'Italia, paese per il quale stravedo. Sin dalle scuole elementari ti viene chiesto "cosa è per te un mondo migliore" e negli ultimi anni, leggendo molto, penso che una delle più belle risposte venga fornita da Immanuel Kant a proposito dell'uomo e della bellezza: agisci in modo che ogni tuo atto sia degno di diventare ricordo". Credo che noi siciliani, a partire da Gela, dobbiamo impegnarci in tal senso, in modo da dimostrare di voler contribuire a costruire un mondo migliore. Altrimenti saranno vite senza traccia. Io di ricordi mi nutro.

lunedì 5 dicembre 2011

"Amianto e metalli pesanti nei lavoratori e in atmosfera". Parlano i tecnici. VIDEO

Fonte: Visionedioggi.it
Di Rosario Cauchi

Metalli tossici, dal vanadio al nichel, presenti non solo nel bulbo dei capelli di diversi operai della fabbrica Eni ma, ancora, negli ortaggi: così come nei camini dello stabilimento e nelle centraline di rilevamento presenti in città.

Ricerche e analisi sono state realizzate da tecnici locali, spesso anche a sostegno delle indagini condotte dalla Procura della Repubblica di Gela.

“Abbiamo appurato - dice Paolo Scicolone - la presenza di metalli pericolosi nei campioni di bulbi dei capelli di almeno 70 operai dello stabilimento, analizzati in un laboratorio di Reggio Emilia, altamente specializzato. Le stesse tracce, però, sussistono in campioni di ortaggi e, inoltre, nei camini di scarico della raffineria e nei dati prodotti dalle centraline di rilevamento. Ovviamente, potrebbe essere un caso. Ma, di certo, questi metalli tossici esistono nell'atmosfera di Gela”.

Una correlazione fra l'attività industriale e il ritrovamento di metalli pesanti? “Purtroppo - dice l'esperto in scienze ambientali Andrea Virdiano - non è così semplice individuare un nesso di causalità fra la presenza industriale e i dati da noi rilevati. Proprio per questo motivo, anche i processi penali non hanno avuto l'esito atteso da molti lavoratori e lo stesso dicasi per le cause civili".

Metalli pesanti e amianto che rimangono al centro dei pensieri e delle vite di tanti lavoratori della fabbrica Eni, e non solo.

 
“Normalmente - ammette ancora Scicolone - metalli pesanti sono presenti anche nei campioni biologici di cittadini di altri comuni, ad esempio del Nord Italia. Ma, in quei casi, le percentuali sono davvero basse. Nichel e vanadio possono rintracciarsi in un caso su cento. Tra gli operai gelesi, invece, il nichel individuato dai laboratori era presente in 57 casi su 70 e il vanadio in 42 di loro”.

Altra tegola ancora non riparata è quella dell'amianto.

“Il problema per i lavoratori che non hanno ancora ottenuto il riconoscimento dei contributi per la loro esposizione all'amianto - dichiara Giovanni Failla dell'Inail - deriva dal fatto che nessuna azienda di Gela, dalla più grande alla più piccola, si è mai assicurata contro questo rischio. Quindi, nessun dirigente ha mai ritenuto opportuno pagare un premio più elevato del normale per garantire i propri dipendenti”.

I casi e le storie sono molteplici: per anni sottoposti all'amianto e, ancora oggi, privi del riconoscimento da parte dell'Inail.

“Stiamo parlando - commenta l'avvocato Ezio Bonanni che segue molti operai - di un problema enorme. I tecnici della Contarp che, per conto dell'Inail, seguono questi casi, hanno sempre dichiarato che l'amianto nello stabilimento petrolchimico di Gela è scomparso fra il 1992 ed il 1993. Le inchieste giudiziarie, invece, ci dicono ben altro. Gli operai esposti continuano a morire e in pochi se ne accorgono. Noi, adesso, non escludiamo neanche l'avvio di un'azione penale nei confronti di questi tecnici che, a mio parere, negano l'evidenza”.

Sarà, quindi, ancora molto lunga la battaglia intrapresa da quegli operai che, a differenza dei loro colleghi, hanno ancora la possibilità di combatterla.
 

In Italia sale divario sociale. L'Ocse, "ricchi sempre più ricchi"

Fonte: Ansa.it

In Italia la diseguaglianza tra i redditi piu' elevati e quelli piu' bassi cresce, e resta ben al di sopra della media dei Paesi occidentali. Lo rivela l'Ocse, in un rapporto su crisi e divario sociale. Nel nostro Paese, scrive l'organizzazione, lo stipendio medio del 10% piu' ricco e' oltre 10 volte superiore a quello del 10% piu' povero (49.300 euro contro 4.877). Inoltre, la quota di reddito nazionale complessivo detenuta dall'1% piu' ricco e' passata dal 7 al 10% negli ultimi 20 anni.
Inoltre, scrive ancora l'Ocse, si e' ridotta la mobilita' sociale per matrimonio: sempre più persone si sposano con persone con redditi da lavoro simili ai loro, cosa che ''ha contribuito ad un terzo dell'aumento della disuguaglianza di reddito da lavoro tra le famiglie''.
Cala invece la capacita' dei servizi pubblici (sanita' e istruzione) di contribuire alla riduzione delle disparita', mentre aumenta il ruolo di sussidi sociali e imposte sul reddito nella redistribuzione della ricchezza, superiore alla media Ocse. In questo contesto, conclude l'organizzazione parigina, ''a sfida principale consiste nel creare posti di lavoro qualitativamente e quantitativamente migliori, che offrano buone prospettive di carriera e la possibilità concreta di sfuggire alla povertà'', dato che ''l'occupazione è il modo per migliore di ridurre le disparità''. Per quanto riguarda invece le politiche fiscali, l'Ocse rileva che ''la quota crescente di reddito per la popolazione con le retribuzioni più elevate suggerisce che la sua capacità contributiva è aumentata. In tale contesto, le autorità potrebbero riesaminare il ruolo redistributivo della fiscalità onde assicurare che i soggetti più abbienti contribuiscano in giusta misura al pagamento degli oneri''.

ALLARME DISEGUAGLIANZE, TIMORI PER CLASSI MEDIE - Le diseguaglianze di reddito tra ricchi e poveri crescono in tutto il mondo, nelle economie emergenti ma anche ''in Paesi tradizionalmente egalitari'' come quelli scandinavi, e l'insicurezza economica tocca sempre piu' le classi medie. E' l'allarme lanciato dall'Ocse, in un rapporto su crisi e aumento del divario sociale. ''La crisi economica ha reso urgente l'occuparsi di temi politici legati alla diseguaglianza - scrive l'organizzazione - l'impatto sociale si sta rivelando in molti Paesi. I giovani che non vedono alcun futuro si sentono sempre piu' disconosciuti dalla societa', e oggi si uniscono a manifestanti che credono di stare pagando il prezzo di una crisi di cui non hanno colpa, mentre i piu' ricchi sono stati risparmiati''.

lunedì 21 novembre 2011

"Non possiamo parcheggiare insieme ai dipendenti Eni". Denuncia dell'indotto

Fonte: Visionedioggi.it
Di Rosario Cauchi

In molti, questa mattina, davanti ai cancelli della raffineria di Gela parlavano di razzismo, di doppio trattamento, di scarsa considerazione.
Opinioni, anche veementi, raccolte fra i tanti lavoratori dell’indotto Eni che, proprio all’inizio della loro giornata, si sono trovati di fronte ad un’inattesa sorpresa.

Non era possibile, per loro, accedere al parcheggio di moto e motorini: l’autorizzazione, attraverso uno speciale cartellino, spettava esclusivamente
ai lavoratori del diretto, ovvero ai dipendenti Eni, e non a quelli delle ditte che lavorano per conto della multinazionale all’interno della fabbrica.
Il motivo del divieto di accesso non è stato comunicato né agli operai né ai sindacalisti.
“Davanti a queste forme di razzismo sul posto di lavoro – commenta uno dei molti lavoratori davanti ai cancelli dello stabilimento – non si può che rimanere basiti. L’Eni ci tratta come esseri inferiori, non solo non vengono coperte le spese per i controlli alla nostra salute ma, adesso, non possiamo neanche parcheggiare i motorini o le vespe a fianco dei mezzi appartenenti ai loro dipendenti”.
I lavoratori, già nelle prime ore della mattina, davanti al divieto di accedere all’area parcheggio: si sono schierati di fronte ai cancelli per protestare.

Un’ora di trattativa e il blocco, almeno per oggi, è stato eluso.
“Sono convinto – dice un sindacalista – che il problema, purtroppo, si ripresenterà anche domani. Ma è mai possibile che simili decisioni non vengano comunicate neanche ai sindacati? Questo comportamento dei vertici della raffineria di Gela rischia, veramente, di accendere animi già frustrati dall’assenza di lavoro”.

Nessuno degli operai dell’indotto, infatti, ha voluto cedere davanti al diniego di accedere al parcheggio.
“Noi non accettiamo – dice un lavoratore della operativa Comeco – un trattamento da subordinati. Perché dovremmo rischiare di non ritrovare moto o motorini al termine del nostro turno? E’ chiaro che senza un controllo, questi mezzi diventano preda di tutti. Noi abbiamo lottato per ottenere un diritto che ci viene sottratto nel corso di una notte. Non accettiamo una classificazione fra lavoratori: fra chi sta in seria A e chi, invece, milita in B o C”.

Chiuse 190 mila imprese per usura

Fonte: Ansa.it

Sono 190 mila le imprese che negli ultimi 3 anni hanno chiuso i battenti per usura o debiti. Un fenomeno dilagante che oggi, grazie alla crisi, tocca 200 mila commercianti, con posizioni debitorie per oltre 600 mila unita', costrette a pagare tassi di interesse annui fino al 240%. Lo indica Confesercenti in occasione oggi del 'No usura day', facendo il punto sul fenomeno, aggravato dalla crisi. Circa 20 miliardi il tributo pagato ogni anno dai commercianti.

sabato 19 novembre 2011

Cgil, illegalità costa 300 miliardi all'anno

Fonte: Ansa.it

L'illegalita' - dalle mafie alla corruzione, dall'evasione fiscale all'economia sommersa - costa al Paese 330 miliardi l'anno. E' la denuncia della Cgil, che sulla base di queste stime rivolge un appello al neo-premier Mario Monti: ''Mi auguro che quanto detto nel suo discorso programmatico sul tema della legalita' diventi rapidamente azione concreta di governo. E' urgente invertire la rotta''.
Sono risorse - sottolinea - sottratte agli italiani e alle imprese oneste, a cui vanno restituite.

mercoledì 16 novembre 2011

Calogero Speziale, "l'Eni vuole imporre anche i metodi sindacali"

Fonte: Visionedioggi.it
Di Rosario Cauchi

Non si è ancora conclusa la vicenda che vede coinvolti tre ex lavoratori dell’azienda Cedis, esclusa dal petrolchimico gelese per un procedimento giudiziario subito dai suoi dirigenti, e costantemente in protesta per riottenere il rientro in fabbrica al pari dei colleghi.

Adesso, interviene anche il presidente della commissione regionale antimafia Calogero Speziale, che accusa l’amministratore delegato di Raffineria di Gela s.p.a. Bernardo Casa di voler
avere voce in capitolo anche sulle modalità delle proteste organizzate dai lavoratori.
Ieri pomeriggio, infatti, una lettera, firmata dallo stesso ingegnere Casa, è pervenuta alle sedi di tutte le sigle dei sindacati edili: impegnati, da quasi tre anni, nella trattativa per consentire ai tre lavoratori ex Cedis di ritornare a lavorare.

Nella missiva, inviata anche alla procura della repubblica di Gela, si accusano i sindacalisti di aver bloccato, lo scorso 7 novembre, il cambio turno dei lavoratori Eni minacciandoli.
Il blocco dei cancelli, con i tre lavoratori ex Cedis incatenati davanti ai tornelli, si protrasse anche nel corso della notte.
Stando all’amministratore delegato del gruppo, sia gli operai impegnati nel picchetto che i sindacalisti presenti avrebbero minacciato gli altri lavoratori non consentendogli l’accesso in fabbrica.

“Questo ammonimento – dice il deputato regionale Calogero Speziale – ha del sorprendente. Non mi era mai capitato di assistere a cose simili nella mia intera carriera, di lavoratore e di politico. L’ingegnere Casa pretende di giocare due parti in commedia: quella di amministratore delegato di un importante gruppo economico e quella di dirigente sindacale”.

Anche i sindacalisti richiamati dal dirigente della raffineria gelese hanno accolto con molta sorpresa l’intervento del massimo esponente locale del gruppo Eni: escludendo, categoricamente, la fondatezza della ricostruzione fornita dall’ingegnere.
Mai, infatti, nella lunga storia dei rapporti sindacali con la multinazionale, si era arrivati a tanto.

“Per giunta – aggiunge ancora l’esponente del Partito Democratico – la raffineria, tramite i propri dirigenti, attacca i sindacalisti e la loro attività di sostegno ai lavoratori in difficoltà ma, allo stesso tempo, non si presenta in prefettura per partecipare al tavolo aperto dal prefetto Umberto Guidato e necessario per risolvere la vertenza di tre operai che chiedono solo di rientrare in fabbrica come gli spetterebbe”.
I sindacati gelesi non escludono l’avvio di un’azione giudiziaria nei confronti dei vertici di Raffineria di Gela s.p.a.

Cgil, 800 mila irregolari campi - cantieri

Fonte: Ansa.it

Sono 800 mila gli irregolari nei campi e nei cantieri del Paese di cui 550 mila sotto caporale: e' la stima di Flai-Cgil e Fillea-Cgil. In particolare sono 400 mila i lavoratori che nell'agricoltura vivono sotto caporale e 400 mila che nell'edilizia sono in nero, e sotto ricatto, di cui almeno 150 mila gestiti dai caporali.
Una emergenza di fronte alla quale i sindacati chiedono al nuovo governo di intervenire: ''Bisogna fermare questa deriva'', sostengono Flai e Fillea

domenica 13 novembre 2011

Crisi: 3,3 miliardi di ore di cassa integrazione da ottobre 2008

Fonte: Ansa.it

Dall'avvio della crisi dell'economia reale, nell'ottobre del 2008, le ore di cig registrate sono state poco meno di 3 miliardi e 300 milioni. E' la Cgil che, rielaborando i dati sulla cassa integrazione di ottobre, mette nero su bianco gli effetti della crisi sui lavoratori, quantificando in circa 22mila euro ciascuno la decurtazione del salario, per un totale di 11,4 miliardi. Numeri che fanno tremare, e che fotografano le difficolta' che tanti dipendenti stanno affrontando a partire dall'estate del 2008, quando la bufera finanziaria ha cominciato ad abbattersi sull'economia reale.
Guardando al solo mese di ottobre, la Cgil rielabora i dati diffusi dall'Inps lo scorso 3 novembre (80,2 milioni di ore, -4% su mese, -20% su anno) sottolineando che il fenomeno riguarda in maniera diffusa soprattutto le regioni del nord: al primo posto per ore di cig autorizzate c'e' infatti la Lombardia con 182 milioni di ore che corrispondono a 105.808 lavoratori (prendendo in considerazione le posizioni di lavoro a zero ore). Segue il Piemonte con 126 milioni di ore per 73.430 lavoratori e il Veneto con 71 milioni di ore di cig autorizzate per 41.529 lavoratori. Nelle regioni del centro c'e' il Lazio con 55 milioni di ore che coinvolgono 32.148 lavoratori. Mentre per il Mezzogiorno e' la Campania la regione dove si segna il maggiore ricorso alla cig con 51 milioni di ore per 29.842 lavoratori.
''Dopo aver messo fine al governo Berlusconi - commenta il segretario confederale Vincenzo Scudiere - adesso c'e' bisogno di decisioni politiche che mettano al centro il lavoro come unico agente per la crescita''. Il timore del sindacato e', infatti, che i circa 190 tavoli di crisi aperti, il crollo della produzione industriale a settembre e i dati sulla cassa, ''possano determinare il serio rischio per il prossimo anno di in un micidiale mix fatto di stagnazione e disoccupazione''. Quindi, secondo Scudiere, ''il nuovo governo deve rispondere a Bruxelles con il lavoro: introduca una patrimoniale e metta al centro l'occupazione a partire da quella giovanile''.
''Essendo l'utilizzo della cassa integrazione un termometro per misurare la febbre che, ormai da 3 anni, sta colpendo il nostro sistema economico e produttivo, sarebbe riduttivo - sottolinea il segretario confederale della Uil, Guglielmo Loy - soffermarsi solo sulle pur necessarie strumentazioni di difesa del reddito dei lavoratori colpiti dalle crisi aziendali. Il tema principale è, senza dubbio, quello della crescita e della ripresa: sostegno alle imprese, all'innovazione ma, soprattutto, ripresa del consumo''

martedì 25 ottobre 2011

1,9 milioni giovani disoccupati

Fonte: Ansa.it

Sono quasi 2 milioni (1.944.000) in Italia i giovani tra i 25 e 34 anni senza lavoro. Un numero che ci fa guadagnare il primato negativo in Europa per il piu' alto tasso di giovani inattivi: 25,9% a fronte del 15,7% della media Ue. Lo rileva l'Ufficio studi della Confartigianato sottolineando come la situazione peggiori decisamente nel Mezzogiorno e per le giovani donne: 1.120.000 i giovani disoccupati al sud mentre la quota femminile e' pari a 1.341.000.

Infiltrazioni mafiose in edilizia. Al palo il sistema delle white list

Fonte: Siciliainformazioni.com
Di Rosario Cauchi

Da alcuni mesi, in Parlamento, si discute di contrasto agli interessi della criminalità organizzata in settori
strategici dell'economia italiana: su tutti, quello dell'edilizia.

Tra gli strumenti da tempo ritenuti più adatti alla missione, le cosiddette white list: elenchi di imprese pulite redatti ed aggiornati dalla prefetture.

Tra spontaneismo e interventi legislativi, però, questo sistema tarda a partire e, in alcuni casi, non si è mai avviato.

“Al momento – sostiene il componente della segreteria regionale siciliana della Fillea Cgil Ignazio Giudice – il sistema delle white list è, per così dire, in stand by. Molte prefetture non hanno mai stilato elenchi in grado di raccogliere i riferimenti alle imprese sane e, per questa ragione, da tutelare nell'assegnazione soprattutto degli appalti pubblici”.

In una direttiva del giugno di un anno fa, firmata dal ministro dell'interno Roberto Maroni ed indirizzata ai prefetti, si richiamava esplicitamente la necessità di redigere white list in grado di marcare la differenza fra imprese trasparenti ed aziende sospette: con particolare attenzione all'intera filiera edile, dalla vendita di inerti al sistema dei noli.

“Spesso – continua il sindacalista – non si riesce a capire il perché dei ritardi. E' vero che, soprattutto al sud, le prefetture sono impegnate su vari fronti. E' altrettanto vero, però, che senza queste liste difficilmente le amministrazioni pubbliche potranno sempre compiere i necessari controlli volti ad impedire l'assegnazione di appalti a società perlomeno grigie”.

Ma neanche l'attività delle camere appare brillare quanto ad efficacia nella preparazione di una specifica disciplina di legge in materia.

Lo scorso 13 settembre, nel corso di un'audizione davanti ai componenti delle Commissioni Affari Costituzionali e Giustizia della Camera dei deputati, l'ingegnere Vincenzo Bonifati, delegato per i rapporti con le istituzioni per conto dell'Associazione Nazionale Costruttori Edili, ha aspramente criticato il contenuto dell'articolo 5 del disegno di legge “per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione”.

Il provvedimento, infatti, istituisce, ufficialmente, le white list.

Ma, stando ai membri dell'Ance, proprio l'articolo 5 sarebbe assai generico nell'individuare i metodi di controllo da applicare e la loro periodicità.

La vera perplessità sollevata dai costruttori riguarda l'assenza di un obbligo d'iscrizione all'interno delle white list: quindi, questi elenchi, in assenza di modifiche legislative, diverrebbero semplici raccomandazioni alle quali le amministrazioni pubbliche potranno, o meno, conformarsi.

Insomma, un vero buco nell'acqua.

Fra i costruttori, infatti, è ancora vivo il ricordo del fallimento delle white list avviate per la ricostruzione dopo il sisma abruzzese: anche in quel caso, l'iscrizione negli elenchi stilati dalle prefetture non era obbligatoria, e i risultati, fatti di molteplici inchieste giudiziarie, non si sono fatti attendere.

“Il sindacato – conclude Giudice – non può che sperare nell'avvio di un sistema effettivamente capace di innalzare un muro all'accesso nei cantieri, favorendo le vere imprese e punendo, sonoramente, quelle che impongono il loro dominio partendo da basi patrimoniali illegali. Ne va del futuro di centinaia e centinaia di lavoratori”.
 

mercoledì 19 ottobre 2011

Accordo Confindustria - Ance contro mafia

Fonte: Ansa.it

Confindustria e Ance hanno siglato un protocollo per intensificare l'azione di contrasto alle infiltrazioni della criminalita' organizzata con l'obiettivo di aiutare le istituzioni a bonificare il territorio e permettere alle aziende di operare in un ambiente sano e competitivo. Tra i punti principali dell'accordo l'attuazione di una white list delle imprese operanti in settori ad alto rischio di infiltrazione criminale. Gli elenchi saranno istituiti presso le Prefetture.

martedì 18 ottobre 2011

"Chi non denuncia il pizzo è cancellato". Confcommercio Sicilia, approvato il nuovo codice etico

Fonte: Siciliainformazioni.com

I commercianti siciliani che pagano i pizzo senza denunciarlo da oggi verranno sospesi da Confcommercio, mentre chi verra' condannato in via definitiva per reati mafiosi verra' espulso dall'associazione. Sono soltanto alcune delle norme previste nel nuovo codice etico approvato oggi, all'unanimita', da Confcommercio Sicilia. Undici articoli in cui si impegnano i soci non solo a "rifiutare ogni rapporto con le organizzazioni mafiose" ma anche "fornire una guida morale ai consumatori".
A presentare il codice etico alla stampa sono il presidente di Confcomemrcio Sicilia Pietro Agen, Luca Squeri presidente della commissione per le Politiche di sicurezza e legalita' di Confcommercio nazionale e Claudio Risicato, presidente dell'associazione Antiracket di Catania. Chi non firmera' il codice etico "verra' allontanato dalla dirigenza" come tiene a sottolineare il presidente regionale Agen che ribadisce: "oggi e' partita la resistenza. Adesso si tratta di incoraggiare i nostri associati perche' non bisogna piu' avere paura. Da qui parte una nuova primavera". E ancora: "Oggi non ci sono piu' scuse per nessuno".

domenica 16 ottobre 2011

Cig riprende corsa, +50% a settembre

Fonte: Ansa.it

Riparte a settembre la corsa della cassa integrazione. Mettendo insieme i dati di tre distinte ricerche di Cgil, Cisl e Uil, emerge infatti che la cassa integrazione, dopo l'estate, ha ripreso a correre, con un aumento del 50% rispetto ad agosto (mese che potrebbe pero' essere viziato dal calo stagionale dovuto alle ferie) e del 3,7% su luglio, e un incremento particolarmente significativo nelle regioni del Mezzogiorno (+80% su agosto). I lavoratori in cassa a zero ore sono 470mila.

Manifesto dei professionisti liberi. Professionisti, LiberoFuturo e Addiopizzo, insieme contro la mafia

La straordinaria diffusione e pericolosità del sistema mafioso impone ad ogni soggetto sociale, singolo o associato, pubblico o privato, di svolgere un ruolo attivo nel contrastarlo.
 Siamo convinti, infatti, che la Mafia si potrà sconfiggere solo se a combatterla non saranno più alcuni soggetti isolati, ma tutte le istituzioni, compresi gli Ordini Professionali oltre che la larga maggioranza della società civile. All'origine della nascita degli Ordini c'è stata, tra l'altro, la necessità di vigilare sul corretto comportamento degli iscritti. Probabilmente questa funzione, con il trascorrere degli anni, ha perso l'importanza che il legislatore le aveva attribuito.
Per tutto ciò, il "Comitato dei PROFESSIONISTI LIBERI", insieme a LiberoFuturo e Addiopizzo, ha ritenuto utile redigere uno specifico Manifesto che, oltre a riprendere quanto già regolato dalle norme e dai codici deontologici, possa essere osservato nell'ambito più specifico della lotta al racket del pizzo ed al sistema mafioso.
Tutti coloro che sottoscriveranno la "Dichiarazione di impegno" entreranno a far parte di una lista di professionisti che sarà resa pubblica. Il Manifesto contiene norme etiche specifiche che, una volta sottoscritte, impegneranno pubblicamente al loro rispetto e all'attenta osservanza ogni singolo professionista, pena l'esclusione dalla lista stessa. Il Manifesto è rivolto a tutti i professionisti siano essi liberi professionisti o dipendenti pubblici e privati.
Essi, sottoscrivendolo, si impegnano a rispettarne le indicazioni nell'ambito delle loro competenze professionali e responsabilità individuali.

DICHIARAZIONE DI IMPEGNO
___________________________________________________________________________
IO SOTTOSCRITTO, CONSAPEVOLE CHE L’INOSSERVANZA COSTITUIREBBE
VIOLAZIONE DEI DOVERI DEONTOLOGICI PROFESSIONALI, MI IMPEGNO:
1.ad adoperarmi perché l’attività professionale sia esercitata nel rispetto degli interessi della
collettività in considerazione della sua funzione sociale e a non svolgere l’attività
professionale in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza,
alla libertà, alla dignità umana;
2.a denunciare, con il sostegno delle associazioni antiracket della FAI, ogni illecita richiesta
di danaro, prestazione o altra utilità formulata anche attraverso agenti, rappresentanti o
dipendenti e, comunque, ogni illecita interferenza riscontrata nell’esercizio delle mie
specifiche competenze professionali;
3.a respingere e denunciare qualsiasi altra forma di pressione o imposizione mafiosa tesa
a condizionare la mia attività e autonomia professionale;
4.a non prestare la mia opera professionale, anche sotto forma di pareri e consigli, a
soggetti condannati per mafia o comunque incorsi in gravi violazioni di legge, qualora
non previsto per legge e salvi i casi di necessità, per salvaguardare i diritti fondamentali
della persona umana, come il diritto alla salute ed il diritto alla difesa nel giusto processo;
5.a non proporre o concludere affari o stringere patti societari con soggetti imputati o
condannati per mafia;
6.a denunciare, qualora non contravvenga allo specifico segreto professionale previsto per
legge o dagli specifici Codici deontologici professionali, ogni intimidazione o
imposizione mafiosa di cui dovessi venire a conoscenza nello svolgimento della mia
attività e comunque nell’ambito delle mie specifiche competenze professionali e
responsabilità individuali;
7.ad informare il Comitato, senza omissioni, su tutte le vicende rilevanti, giudiziarie e non,
che riguardano la mia attività professionale;
8.a prestare la massima collaborazione per la prevenzione dell'uso del sistema finanziario
a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose;
9.a spingere i miei committenti, qualora fossero taglieggiati, a denunciare gli estorsori;
10.a preferire, sia nello svolgimento dell'attività professionale che nella qualità di cittadino
consumatore, i prodotti, i beni e i servizi offerti dai Professionisti Liberi, dalle imprese
inserite nel circuito del Consumo critico Addiopizzo e dalle aziende che producono sui
beni confiscati alle Mafie.

giovedì 13 ottobre 2011

La memoria in marcia. La mafia non è solo Matteo Messina Denaro e i grandi sistemi criminali. E' l'estorsore che chiede il pizzo...

Fonte: Siciliainformazioni.com


Sono trascorsi quasi 20 anni dal 23 maggio del 1992 in cui persero la vita Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Antonio Montinaro , Rocco Di Cillo e Vito Schifani.


Da allora parole come mafia e legalità non sono più un tabù, sono entrate a far parte del linguaggio quotidiano e via via sono anche diventate patrimonio comune. Ormai sembra quasi che la mafia sia diventata un lontano ricordo. Ma non è così, non è vero. Continua ad ammorbare ogni giorno l’aria che respiriamo in modi e forme più o meno evidenti, negli atteggiamenti che purtroppo sono ancora da “malacarne”, nelle piccole o grandi illegalità che quotidianamente si consumano nella nostra terra e che sono ancora un retaggio evidente delle logiche di Cosa Nostra.


La mafia non è soltanto Matteo Messina Denaro, i capimafia più conosciuti e i grandi sistemi criminali. E’ anche e soprattutto l’estorsore che vuole uccidere l’economia sana e pulita chiedendo il pizzo, la prepotenza e l’arroganza di chi pensa che tutto gli sia consentito, il mettere la testa sotto la sabbia dinanzi ai soprusi ed alle illegalità, con la convinzione che “è così che va il mondo”.


A Palermo ci sono i mafiosi ma ci sono anche e soprattutto le persone perbene. Sono quelle che hanno partecipato in massa ai funerali delle vittime della strage di Capaci, che hanno gridato la loro indignazione, la loro vergogna, il loro anelito di libertà da Cosa Nostra. Negli anni la partecipazione della parte migliore della nostra terra alle manifestazioni contro la Mafia si è affievolita. Non è venuta meno la voglia dell’impegno civile, forse ci si è solo stufati di eventi più di facciata che di sostanza, che servono solo ad accendere i riflettori per breve tempo su Cosa Nostra e talvolta a dare visibilità all’uomo o alla donna più in vista del momento.

Ma c’è di più. Per molti di noi questa pagina buia della storia italiana e siciliana è anche un pezzo di vissuto, una parte della propria vita, un evento che ci ha segnato e cambiato. Ma per le nuove generazioni non è così. Una ragazza o un ragazzo di vent’anni non lo conoscono come vissuto. Per loro è un evento della passato, della “storia”. Recente ma pur sempre storia. Occorre, allora, non soltanto la manifestazione di facciata, l’evento organizzato per le scuole al quale i ragazzi e bambini partecipano così come potrebbero partecipare a un evento letto sui libri, raccontato dagli insegnanti. Serve partecipazione attiva di tutti, serve una memoria da tramandare nel tempo non solo come un capitolo di storia ma caricandola di tutte le emozioni che ognuno di noi, poliziotto o magistrato, giornalista o cittadino, hanno vissuto e continuano a rivivere ogni anno.

E’ ora di tornare a metterci la faccia, riappropriandosi del proprio diritto, da singolo cittadino, di urlare il proprio disgusto verso la mafia e verso i modi di essere mafiosi. Dobbiamo avere uno scatto d’orgoglio e dire che ciascuno di noi ricorda e compie, nel proprio piccolo, atti di “quotidiano eroismo” per dire che la mafia è “una montagna di merda” (Peppino Impastato cit.).

Quest’anno l’associazione “Quarto Savona Quindici” (il nome in codice della squadra a cui era assegnata la tutela di Giovanni Falcone), presieduta da Tina Montinaro, vedova di Antonio, il caposcorta del giudice ucciso, sta organizzando una catena umana che partirà dall’aeroporto la mattina del 23 maggio e si snoderà lungo l’autostrada Mazara Del Vallo-Palermo per concludersi alle 17.58, ora in cui avvenne la strage. Ognuno di voi può dare il proprio contributo in qualsiasi forma per testimoniare che basta poco per essere “Capaci”. La manifestazione non sarà appannaggio di pochi, ma di tutte le persone perbene che vogliono ricordare momenti bui della nostra storia e riaffermare la speranza in un domani migliore. Non ci saranno etichette di alcun genere, risultati personali da conseguire o interessi speculativi da rincorrere. La catena umana sarà di ciascuno di noi.

“Chi fa questo lavoro ha capacità di scegliere fra la paura e la vigliaccheria. La paura è qualcosa che tutti abbiamo. E’ la vigliaccheria che non si capisce. Io, come tutti gli uomini, ho paura ma non sono un vigliacco”. (Tratto da un’intervista ad Antonio Montinaro, caposcorta di Giovanni Falcone, ucciso, a 29 anni, il 23 maggio 1992)

venerdì 7 ottobre 2011

Gela, intimidazione al sindacalista Ignazio Giudice

Fonte: Liberainformazione.org
Di Rosario Cauchi

Ignazio Giudice, componente della segreteria regionale della Fillea Cgil, ha denunciato al commissariato della polizia di Gela, sua città natale, di aver subito una pesante intimidazione. Il sindacalista, ieri pomeriggio, all'uscita dalla sede della camera del lavoro della città nissena, ha ritrovato la propria Fiat Punto danneggiata. Giudice ha dichiarato di aver notato un evidente graffio a forma di croce su una delle fiancate. L'auto era stata parcheggiata, all'inizio del pomeriggio, proprio davanti alla camera del lavoro di via Pitagora. «Questa mattina, dopo aver riflettuto – dice il sindacalista – ho sporto denuncia al commissariato della polizia. Ho dichiarato che, secondo la mia opinione, questa vigliaccheria riguarda l'attività sindacale che ho svolto fino ad oggi». Giudice, infatti, in qualità di componente della segreteria regionale della Fillea, ha, nelle ultime settimane, criticato l'intenso utilizzo di manodopera in nero all'interno dei cantieri di Gela e non solo. Ha puntato il dito in direzione dell'aumento dei contratti part time in edilizia, a suo dire utilizzati solo per coprire rapporti di lavoro full time e garantire risparmi agli imprenditori.
Si è schierato anche in favore di tre lavoratori edili di un'azienda, un tempo attiva nell'indotto del petrolchimico gelese, licenziati e non più riassorbiti. «Sto notando un aumento della tensione – conclude – mi capita spesso di accompagnare presso le forze dell'ordine delegati sindacali delle società dell'indotto Eni che subiscono avvertimenti ed intimidazioni: dai copertoni delle automobili tagliati ai messaggi di non proseguire nella loro azione». Indagini, intanto, sono state avviate dalla polizia per comprendere chi possa esserci dietro il messaggio intimidatorio recapitato al sindacalista.

giovedì 6 ottobre 2011

Lavoro: 3 milioni in nero, evasi 42,7 miliardi

Fonte: Ansa.it

Sono quasi 3 milioni i lavoratori in nero in Italia, un esercito che produce quasi 100 miliardi di Pil irregolare, pari al 6,5% del Pil nazionale. Secondo i calcoli della Cgia di Mestre, viene cosi' sottratto un gettito alle casse dello Stato di 42,7 miliardi di euro l'anno. In termini pro-capite, le imposte evase medie in capo a ciascun cittadino italiano ammontano a 709 euro.

mercoledì 5 ottobre 2011

Morire di fame o d'amianto

Fonte: Peacereporter.net
Di Stella Spinelli

Gli operai dello stabilimento Eni di Gela da decenni lottano per vedersi riconosciuto il diritto a percepire il sussidio speciale previsto per chi è stato sottoposto ad amianto. Una battaglia lunga e piena di delusioni, complicata dal fatto che l'Ente energetico corse ai ripari eliminando - almeno ufficialmente - il dannoso materiale pochi mesi prima dell'entrata in vigore della legge n.257 che impone il divieto assoluto di utilizzo dell'amianto a fini industriali o commerciali. Una mossa che quindi mise fuori gioco ogni rivalsa dei lavoratori, i quali, comunque, non si sono arresi e sono andati avanti ritenendosi dalla parte del giusto. Anni di lotta e di lavoro, durante i quali si sono consolati con la certezza che perlomeno da quel momento in poi avrebbero lavorato in un luogo sicuro. Poi il colpo di scena: a fine luglio, all'interno dell'isola 32 dello stabilimento, militari della guardia costiera e del nucleo speciale d'intervento di Roma hanno scoperto una grande vasca contenente almeno 27 tonnellate di amianto, del tipo amosite, conservate nella totale inosservanza delle regole. Teloni bucati, sacchi aperti e, di conseguenza, fibre d'amianto libere di essere trascinate dal vento e inalate dai lavoratori.

Una scoperta scioccante, che ha messo ulteriormente in allarme gli operai. L'impresa che "mette in circolo l'energia", ha continuato imperterrita in questi anni a mettere in circolo anche ben altro: sostanze nocive che - in base ai dati dell'Organizzazione mondiale della sanità - ogni anno uccidono centomila persone nel mondo, secondo cifre che gli esperti definiscono sottostimate. Per non contare i ventimila tumori per cancro al polmone e i diecimila casi di meotelioma che provoca ogni dodici mesi nei soli paesi industrializzati di Europa, America del Nord e Giappone. E, per stringere il cerchio alla sola Italia, si parla di 4000 decessi annui, in un paese che è stato il secondo produttore europeo e tra i principali consumatori della sostanza, che - secondo il Consiglio Nazionale delle Ricerche e l'Istituto per la prevenzione e la sicurezza del lavoro - resta ancora ben lontana dall'essere estirpata dal territorio nazionale. La stima è di 32 milioni di tonnellate di amianto ancora sparse per tutta la penisola e di un miliardo di metri quadri di coperture di eternit sui tetti.
Stando ai legali che seguono il caso dei lavoratori gelesi esposti all'amianto, la scoperta della discarica testimonia la politica industriale usata da Eni a Gela: ovvero occultare il materiale senza eliminarlo e dare una parvenza di regolarità, alla faccia della salute della gente. Come ha scritto Rosario Cauchi nell'articolo apparso su Libera Informazione, i responsabili locali di Raffineria di Gela s.p.a. - società appartenente alla multinazionale lombarda - non rilasciano commenti limitandosi a emanare comunicati stampa nei quali si rinvia l'intera questione alle indagini in corso. Ma nei molti dossier sul caso emerge che all'interno del sito industriale vi sono evidenti tracce di pericolosi minerali silicei. I veri nemici dei lavoratori, infatti, si chiamano crocidolite e amosite, anche conosciuti come amianto blu e amianto bruno: tra le fibre più pericolose per la salute umana. Eppure, nonostante questi documenti che evidenziano la presenza attiva del killer silenzioso siano comprovati, i contributi previdenziali in favore dei lavoratori che hanno operato a contatto con le fibre vengono riconosciuti, dopo lunghe battaglie legali, solo a coloro che possano dimostrare di essere affetti da patologie conclamate.  
Senza minimamente tener conto che l'effetto si può manifestare anche dopo 40 anni dal contagio, come sostengono gli epidemiologi.
Intanto a Gela, dopo il sequestro della discarica contenuta nella quarta vasca dell'isola 32, Enimed Spa ha provveduto a ricoprirla come richiesto dalla Capitaneria di Porto e dall'Asp di Caltanissetta. Secondo la legge, infatti, dopo a ogni abbandamento di materiale contenente amianto, si deve aggiungere uno strato di terra e un telo protettivo in plastica. Ma poco importa. È comunque troppo tardi e gli operai sono decisi a farla pagare ai responsabili. Già nell'agosto dello scorso anno, infatti, a seguito di un'ispezione, era stato riscontrato l'uso di teloni deteriorati dal tempo che, inevitabilmente, non bloccavano la diffusione in atmosfera delle pericolose fibre.
 Ma nessuno ha mosso un dito per rimediare. Dopotutto, quella iniziata a luglio scorso non è che l'ennesima inchiesta che coinvolge i vertici dell'industria gelese che hanno, spesso, negato persino la presenza di amianto all'interno del sito.

mercoledì 28 settembre 2011

Costruzioni: Ance, persi 350 mila posti

Fonte: Ansa.it

Dall'inizio della crisi i posti di lavoro persi nelle costruzioni sono circa 230 mila, che raggiungono le 350 mila unita' se si considerano anche i settori collegati alle costruzioni. Lo stima l'Ance, con riferimento all'occupazione dipendente, nel rapporto Congiuntura pubblicato in occasione dell'Assemblea annuale dell'associazione.
''La crisi nel settore ha inevitabilmente generato forti contraccolpi sulla tenuta della struttura produttiva e occupazionale'', evidenzia l'Ance.

martedì 27 settembre 2011

Certificato antimafia, è bufera dopo le parole di Brunetta. Venturi, "il documento non si tocca"

"La certificazione antimafia e' uno strumento fondamentale, probabilmente migliorabile, ma certamente irrinunciabile. Il ministro Brunetta farebbe bene a misurare le parole e lo invito ad attuare veramente la semplificazione burocratica ed amministrativa per andare incontro alle reali esigenze delle imprese e dei cittadimi italiani che ogni giorno combattono contro il muro di gomma della burocrazia". Lo dichiara l'assessore regionale alle Attivita' produttive della Sicilia, Marco Venturi, che prima di ricoprire incarichi di governo e' stato uno dei rappresentanti del nuovo corso della Confindustria siciliana assieme a Ivan Lo Bello, Antonello Montante e Giuseppe Catanzaro. Una nuova epoca caratterizzata da un no deciso ad ogni forma di compromesso con la mafia, dal grande incremento delle denuncie al pizzo e dall' espulsione delle imprese colluse.
"La certificazione antimafia non si tocca - aggiunge -. Si tornerebbe indietro nel tempo, e i poteri occulti riprenderebbero campo facendo camminare assieme imprese compiacenti, politica corrotta e interessi criminali. Certo, nei giorni in cui chiude il Bagaglino, l'uscita di Brunetta potrebbe essere interpretata come una boutade d'avanspettacolo. Purtroppo cosi' non e' ed e' invece, tragicamente infelice e triste". "Ma in un governo nazionale alla deriva, in cui c'e' un ministro del Tesoro che predica rigore chiedendo sacrifici a tutti, e poi si scopre che ha vissuto in un appartamento romano pagando l'affitto in nero, - conclude l'assessore Venturi - probabilmente l'uscita di Brunetta e' assolutamente coerente. A questo punto non stupirebbe se tra i consulenti di Finmeccanica il ministro Brunetta sponsorizzasse la nomina di Matteo Messina Denaro".

Rapporto Svimez: "al sud lavora 1 giovane su 3"

Fonte: Siciliainformazioni.com

"Un Mezzogiorno in recessione, che continua a crescere meno del Centro-Nord, dove lavora ufficialmente meno di un giovane su tre e dove il tasso di disoccupazione reale sarebbe del 25%". A scattare la fotografia dell'economia del Mezzogiorno rivedendo al ribasso le stime Istat e' il Rapporto Svimez 2011.

Nel 2010, infatti, prosegue il rapporto Svimez, il tasso di disoccupazione registrato ufficialmente e' stato del 13,4% al Sud e del 6,4% al Centro-Nord, a testimonianza del permanente squilibrio strutturale del nostro mercato del lavoro. Ma il tasso di disoccupazione "corretto" per lo Svimez schizza al 25,3% : il dato ufficiale, infatti, si legge, " rileva una realta' in parte alterata": "la zona grigia del mercato del lavoro continua ad ampliarsi per effetto in particolare dei disoccupati impliciti, di coloro cioe' che non hanno effettuato azioni di ricerca nei sei mesi precedenti l'indagine. Considerando questa componente, il tasso di disoccupazione effettivo nel Centro-Nord supererebbe la soglia del 10% (ufficiale: 6,4) e al Sud raddoppierebbe, passando nel 2010 dal 13,4% al 25,3% (era stimato nel 23,9% nel 2009).


E la vera e propria emergenza e' tra i giovani. Nel Mezzogiorno, il tasso di occupazione giovanile (15-34 anni) e' giunto nel 2010 ad appena il 31,7% (nel 2009 era del 33,3%): praticamente al Sud lavora meno di un giovane su tre. Situazione drammatica per le giovani donne, ferme nel 2010, al 23,3%, 25 punti in meno rispetto al Nord del Paese (56,5%).

E' come , prosegue il rapporto, "se la debolezza sul mercato del lavoro, legata in tutto il Paese alla condizione giovanile, al Sud si protraesse ben oltre l'eta' in cui ragionevolmente si puo' parlare di giovani. Dal 'brain drain', cioe' dalla ''fuga dei cervelli'', il drenaggio di capitale umano dalle aree deboli verso le aree a maggiore sviluppo, siamo ormai passati al brain waste, lo 'spreco di cervelli', una sottoutilizzazione di dimensioni abnormi del capitale umano formato che non trova neppure piu' una valvola di sfogo nelle migrazioni". In crescita anche gli 'inattivi' che tra il 2003 e il 2010 gli inattivi in eta' da lavoro sono cresciuti di oltre 750 mila unita'.

sabato 24 settembre 2011

Lavoro e nuove relazioni sindacali

Siamo convinti che in questa città, Gela, come nel resto della provincia, possano essere modificate al meglio le relazioni sindacali che non possono non vedere le parti sociali, tanto il sindacato dei lavoratori quanto  il sindacato   delle imprese (confindustria e lega delle cooperative),    raggiungere dignitosi  obiettivi nel mondo del lavoro.
Primo fra tutti “non cancellare le tutele lavorative conquistate nei decenni” e mantenere i livelli occupazionali ponendo quale valore principe e imprescindibile, la tenuta dei livelli occupazionali, in questo caso specifico nell’indoitto della raffineria di Gela, azienda quest’ultima associata a Confindustria.
Da anni, il sindacato degli edili di CGIL – CISL – UIL congiuntamente alle confederazioni provinciali segue la vertenze dei 3 lavoratori ex dipendenti decennali della CEDIS s.r.l. e dopo tanti incontri anche dal Prefetto di Caltanissetta i 3 lavoratori hanno conosciuto, solo 2 dei 3, sei mesi di lavoro presso una impresa edile (Icaro Ecology) che ha avuto lavori esterni ed estranei alla raffineria.
Poi il nulla, neanche una risposta.
Abbiamo appreso dai mezzi d’informazione una notizia positiva che riguarda gli 11 lavoratori ex So.CO.VER. che hanno trovato occupazione, attraverso la mediazione della Lega delle cooperative, nelle cooperative e società edili e metalmeccaniche operanti presso l’indotto della raffineria.
Il sindacato degli edili, cosi come sostenuto anche dai colleghi del settore metalmeccanico, non ha messo da parte il valore dell’accordo Morese, esprime soddisfazione per la preziosa  mediazione della Legacoop e si augura che una soluzione immediata possa trovarsi per tutti quei lavoratori dell’indotto che sono stati estromessi senza alcuna ragione dal ciclo produttivo.
Il sole se sorge per tutti cancella le preoccupazioni di molti nuclei familiari e crea le condizioni minime, indispensabili e necessarie per governare processi sociali di cambiamento che nessuno può pensare di calare dall’alto, neanche l’ENI.

Gela, 24/09/2011
                                                                           I Segretari degli edili CGIL CISL UIL
                                                                            (Ignazio Giudice – Franco Iudici – Diego Strazzanti)

mercoledì 21 settembre 2011

Lavoro: Istat, oltre 2,5 mln irregolari

Fonte: Ansa.it

Oltre il 10% degli occupati in Italia lavora in modo non regolare. Lo rileva l'Istat spiegando che nel 2010 gli occupati irregolari erano 2.548.000 (il 10,3%) sostanzialmente stabili rispetto al 2009. . Nel complesso nel 2010 erano occupate tra regolari e irregolari, 24.643.000 persone con un calo di 196.000 unita' rispetto all'anno prima.
Il calo e' stato dovuto quasi esclusivamente all'occupazione regolare (191.000 occupati in meno) mentre l'occupazione irregolare e' rimasta stabile.

martedì 20 settembre 2011

Appalti, sequestri e difficoltà economiche. Due aziende gelesi al palo

Fonte: Siciliainformazioni.com
Di Rosario Cauchi

Erano in espansione anche al di fuori dei confini siciliani: con appalti ottenuti su importanti tratte del cantiere che non chiude mai, quello dell'autostrada Salerno – Reggio Calabria.

Ma, adesso, fanno fatica a rimanere sul mercato con inevitabili ripercussioni sui dipendenti.

Nel luglio del 2009, infatti, iniziarono i primi problemi per i titolari della Igm srl e della Icam srl, attive nel settore del calcestruzzo e degli scavi, con sede a Gela.
Sandro Missuto, giovane responsabile del gruppo edile, venne arrestato nell'ambito dell'indagine “Cerberus” con l'accusa di aver fatto da prestanome al capo di cosa nostra gelese Daniele Emmanuello.

Le due aziende vennero poste sotto sequestro.

Gli investigatori riuscirono a scoprire un presunto accordo fra le imprese di Missuto e l'importante società romana Safab: per stare tranquilli anche all'interno dei cantieri siciliani,i dirigenti dell'azienda laziale avrebbero deciso di avere un unico sub appaltatore di fiducia, Missuto con Igm e Icam.

All'inchiesta “Cerberus” seguì, nel dicembre dello stesso anno, quella “Compendium”: e, a dodici mesi di distanza, un maxisequestro da 25 milioni di euro in grado di assorbire il patrimonio dell'imprenditore gelese e le sue imprese.

“Mi sono occupato delle due aziende di Gela – dice l'avvocato palermitano Rosario Di Legami – per oltre due anni, perché nominato amministratore giudiziario. Purtroppo, l'attività della Icam, dopo le note vicende, si è immediatamente bloccata. Quella della Igm, invece, è proseguita con profitto riuscendo a garantire l'occupazione di tutti gli operai”.

Lo scorso dicembre, però, giunge la doccia fredda: la Safab, principale committente dell'azienda gelese, non riesce ad ottenere la certificazione antimafia.

Immediato il blocco di tutti i cantieri aperti sull'Isola, da Trapani a Siracusa, e , di conseguenza, di qualsiasi subappalto: compresi quelli aperti con la Igm.

“Normalmente – ammette il professionista – quando la mamma inizia ad avere problemi questi, inevitabilmente, si trasferiscono anche sui figli”.

Stipendi versati regolarmente, occupazione assicurata, cantieri aperti, nonostante il turbinio giudiziario, e, d'un tratto, i cancelli dello stabilimento di Gela iniziano ad aprirsi con minore frequenza.

“Senza i pagamenti necessari – spiega l'avvocato – non potevamo, a nostra volta, assicurare nulla ai lavoratori”.

Diversi sono stati i tentativi di riprendere in mano la situazione: dalla mancata fusione con la gemella Icam alla collaborazione con altre aziende.

“Capitava – ammette Di Legami – che imprenditori interessati ad avviare lavori insieme alla società da me gestita si tiravano indietro non appena sentivano parlare di amministrazione giudiziaria”.

Difficoltà che si sono estese ai circa trenta lavoratori in forza alla Igm: oggi, in attesa dell'insediamento del nuovo amministratore giudiziario, l'avvocato Salvatore Licata.

Fonti sindacali, informate sulle vicende del cantiere trapanese dell'acquedotto Montescuro Ovest, opera appaltata, per almeno due milioni e mezzo di euro, alla Safab, fanno sapere che la certificazione antimafia potrebbe essere rilasciata nuovamente al gruppo romano.

Uno spiraglio che garantirebbe un sospiro di sollievo anche agli operai della Igm, impegnati a loro volta nei lavori.


In Sicilia, la crisi economica si fa sempre più aggressiva: e, in molti casi, le colpe dei padroni ricadono sui loro dipendenti.