giovedì 30 settembre 2010

 DOSSIER MAFIA, PRESENTATA RELAZIONE DIA CALTANISSETTA

 30.09.2010
Valerio Martines
Fonte: "La Sicilia" ed.Caltanissetta

Ora i mafiosi, nel Nisseno, hanno la loro "Cosa Nostra & Stidda Spa". Quella che fa affari con gli imprenditori collusi, che tratta coi politici, e che di riflesso mette radici nel sistema produttivo e si presenta alle gare d'appalto. Capace di radicarsi perfino nel circuito finanziario di un territorio. Così i mafiosi, come camaleonti, cambiano pelle. Modificano la loro strategia d'azione e addirittura spaziano altrove. L'export del malaffare che sconfina dalla provincia nissena e si radica nel resto d'Italia. È uno dei tanti spunti che offre la relazione della Direzione investigativa antimafia, che esamina il fenomeno criminale provinciale nel periodo compreso tra luglio e dicembre 2009. Un dossier che focalizza gli aspetti che contraddistinguono la vecchia dalla nuova mafia.
"COSA NOSTRA È DOMINANTE". «La situazione criminale della provincia di Caltanissetta - scrivono gli investigatori della Dia - risulta contraddistinta dalla presenza dominante di Cosa Nostra, alla quale è riconducibile la gran parte degli eventi di chiara matrice mafiosa, strumentali al rafforzamento sul territorio dell'organizzazione stessa, in particolare nei territori di Caltanissetta, Gela, Riesi, Mazzarino, Niscemi, Serradifalco, Campofranco e Vallelunga Pratameno».
"LA PAX MAFIOSA". Resta immutato il patto di non belligeranza tra boss e picciotti affiliati a Cosa Nostra e Stidda. «L'organizzazione stiddara, la cui influenza è ancora presente e attiva - si legge ancora nella relazione - manifesta un profilo di continuità nel mantenimento di relazione pacifiche con i sodalizi di Cosa Nostra, in particolare nei territori di Gela e Niscemi, improntando i comportamenti alla ricerca di criteri di condivisione di talune progettualità criminali, di ripartizione delle sorgenti illecite di arricchimento mafioso e di spartizione dei proventi di delitto».
"IL BOSS MADONIA COMANDA ANCORA". Non variano neppure i mandamenti mafiosi nel Nisseno, con Vallelunga, Mussomeli, Gela e Riesi che fanno capo all'anziano boss Piddu Madonia, che seppur da anni costretto al regime del carcere duro continua a comandare attraverso il circuito parentale. Una circostanza avvalorata dall'inchiesta "Atlantide-Mercurio". «Le famiglie del cosiddetto Vallone risultano tradizionalmente legate al contesto e alla vicende delle famiglie palermitane, mentre quelle dei territori di Gela, Riesi, Niscemi e Mazzarino sembrerebbe essere più caratterizzate da dinamismi associativi più fluidi, con interessi ed attività criminali non strettamente ancorate al dominio localistico, ma anche tese alla proiezione degli illeciti in dimensioni extraregionali e internazionali. Le strategie criminali complessive della provincia - è un altro passaggio della relazione - così come emergono dai riscontri investigativi del semestre, sembrano possedere un momento unificante non solo nell'esprimere un basso profilo di esposizione, come funzione mimetica rispetto all'azione di contrasto, ma anche nel ricercare un costante perfezionamento qualitativo del classico spettro di lucrose attività delittuose primarie, specie per quanto attiene alle forme tipiche delle estorsioni e dell'infiltrazione nei pubblici appalti e nei circuiti finanziari».
"IL SISTEMA MAFIA&APPALTI". In quest'ottica gli esperti della Dia citano la recente inchieste "Cerberus" che ha svelato gli interessi della famiglia mafiosa Emmanuello che, attraverso un imprenditore prestanome collegato con una società romana, s'era infiltrata negli appalti per la costruzione del termovalorizzatore di Bellolampo, della rete irrigua nell'invaso di Disueri, e nei lavori autostradali di alcune arterie siciliane.
"LE COLLUSIONI CON LE BANCHE". Altro aspetto esaminato dalla Dia, le capacità di infiltrazione del crimine organizzato nel comparto imprenditoriale e bancario. E in proposito cita il sequestro preventivo che a ottobre colpì il costruttore nisseno Pietro Di Vincenzo, «ritenuto vicino a Cosa Nostra nissena», come viene indicato nell'atto. «Le indagini consentivano di evidenziare la responsabilità di natura penale a carico dei responsabili di tre società, nonché di soggetti preposti della banca Credito Siciliano Spa, con conseguente richiesta di provvedimento ablativo di natura preventiva, nei confronti di una società sita a Caltanissetta e di un immobile di proprietà dell'istituto bancario, ubicato in Cagliari». Nel caso specifico, a proposito della "partecipazione materiale" dei rappresentanti dell'azienda bancaria, gli inquirenti ritengono «opportuno stigmatizzare specifiche e circostanziate responsabilità riconducibili al sistema bancario, risultato talvolta assai poco cooperante nel segnalare vicende di indubbio allarme criminogeno, con riferimento a operazioni e/o procedure bancarie adottate dalla clientela e palesemente riconducibili agli standard di attivazione delle vigenti procedure antiriciclaggio».
La Dia, inoltre, punta l'indice sul comportamento di cautela da mantenere dalla banca. «Se adottato avrebbe sicuramente evitato di acquisire il ruolo processuale di volontario compartecipe nelle condotte illecite».
«COSA NOSTRA ESTRANEA DAL TRAFFICO DI DROGA». Sono i cosiddetti "cani sciolti", personaggi slegati dalla mafia che comunque tollera sufficientemente lo smercio di droga, a gestire la compravendita di stupefacenti nel Nisseno, rifornendosi però nei mercati palermitani e catanesi. Inchieste come "Zagara", Bonnie & Clyde sul versante gelese o "Cinquecento" a Mazzarino, l'hanno confermato. E nella sfera del traffico di droga, un altro spunto d'analisi rilanciato nella relazione semestrale viene inquadrato con l'arresto di tre sancataldesi nel blitz "Tridentes" per il possesso di 4 fucili a canne mozze. «In tale contesto non è da escludere che le armi detenute potessero essere utilizzate dal gruppo quale merce di scambio con una partita di sostanze stupefacenti. Le attività investigative condotte dalla Squadra Mobile - è scritto ancora nel documento della Dia - hanno evidenziato che il ruolo dei tre arrestati all'interno del contesto mafioso sancataldese era salito di livello, soprattutto all'indomani dell'omicidio di Salvatore Calì».
"FITTO INTRECCIO TRA MAFIA E POLITICA". C'è un ampio capitolo sull'intreccio fra mafia e politica che la Dia approfondisce, riferendosi allo scioglimento del Consiglio comunale di Vallelunga del 27 luglio 2009. «L'attività della Commissione prefettizia istituita nel novembre del 2008 ha evidenziato un fitto intreccio di interessi economici tra la famiglia mafiosa di Vallelunga e la classe politica locale, soprattutto nel settore degli appalti pubblici, tale da condizionare pesantemente l'attività della locale Amministrazione comunale».
Inevitabile, a quel punto, il decreto di scioglimento che piomba nel paesino del Vallone. E nella relazione è spiegato l'origine di questa decisione. «L'osservazione della Squadra Mobile nissena durante le settimane immediatamente precedenti le consultazioni elettorali amministrative, svoltesi il 13 e 14 maggio 2007, aveva appurato il diretto interessamento e il coinvolgimento di alcuni noti esponenti di Cosa Nostra nella campagna elettorale in favore della lista "Montesano sindaco". Tale sostegno si era rivelato determinante per l'affermazione della lista, sostanziandosi, soprattutto, nella massiccia partecipazione ai comizi della compagine elettorale, sia di personaggi storici della cosiddetta mafia del Vallone - in grado di condizionare fortemente la politica ed il corpo elettorale - sia di nuove leve criminali, rivelandosi tali circostanze come segnali inequivocabili di una esplicita scelta politica da parte dell'organizzazione mafiosa e di un preciso indirizzo per il voto da attribuire.
I riscontri effettuati dalla Commissione prefettizia hanno inoltre evidenziato che nell'ambito della Giunta e del Consiglio comunale, e finanche nel locale Comando della Polizia municipale, erano inseriti alcuni soggetti gravati da pesanti precedenti penali o legati da vincoli di parentela e/o affinità con esponenti della locale famiglia di Cosa Nostra, o in altri casi, più volte notati in loro compagnia». Nel paese dove nacque il boss Piddu Madonia, insomma, esisteva un «sodalizio politico-mafioso», così è scritto nella relazione, nato in campagna elettorale e che «avrebbe condizionato l'azione amministrativa del Comune, specie negli appalti che i mafiosi "impresari" volevano accaparrarsi e che qualcuno, dal Municipio, avrebbe favorito per affidare lavori e forniture.
"A GELA I MAFIOSI CON I COLLETTI BIANCHI". La morte del boss gelese Daniele Emmanuello ha sì messo a dura prova la struttura del clan, che in ogni caso s'è riorganizzato nel territorio con nuovi referenti. Ma la mafia, a Gela, ha saputo progredire, secondo i mutamenti monitorati dal Centro Dia nisseno. Ci sono i delinquenti comuni, gli imprenditori collusi e poi i "colletti bianchi", categoria quest'ultima che gli inquirenti definiscono «indispensabile per le più raffinate operazioni finanziarie. Solo una rilettura attenta dei plurimi fenomeni illeciti dell'area, tra cui emergono i reati di natura fiscale, potrà illuminare l'architettura di fondo, che mette in sinergia il tessuto mafioso con gli illeciti finanziari, metodiche avanzate di accumulazione finanziaria, i flussi di riciclaggio e di reimpiego del denaro e la pianificata manipolazione dei pubblici appalti».
«ARRESTI E PENTITI, UN COLPO PER I CLAN». I tanti mafiosi che fin qui hanno saltato il fosso e gli arresti hanno indebolito Cosa Nostra e Stidda nel Nisseno. Un contributo cruciale è arrivato anche da certa imprenditoria gelese che s'è ribellata al racket delle estorsioni. Un atteggiamento che viene evidenziato nella parte conclusiva del dossier della Dia.

mercoledì 29 settembre 2010

IL SINDACO DI VERONA TOSI, “GELA E' L'ESEMPIO DEL POTERE MAFIOSO”. REPLICA DI FASULO "UNO STEREOTIPO VECCHIO DI ALMENO VENT'ANNI"


Rosario Cauchi 
29.09.2010
Fonte: Siciliainformazioni.com
  
Flavio Tosi, primo cittadino leghista di Verona, tra le figure più in vista all'interno del partito e molto vicino agli ambienti dell'estrema destra veneta, spara a zero sugli sforzi compiuti negli ultimi anni a Gela allo scopo di tagliare per sempre l'etichetta di città mafiosa.
Nel corso della trasmissione “L'infedele”, condotta dal giornalista Gad Lerner, Tosi non ha esitato a descrivere il centro nisseno alla stregua di “esempio del potere mafioso ancora presente in Sicilia, con evidenti infiltrazioni criminali”.
Stando alla disamina condotta dal sindaco leghista, infatti, a fronte di una Sicilia occidentale sempre più “pacificata”, la mafia dominerebbe, invece, in città come Gela.
Ammissione giunta nel corso di un dibattito su federalismo e politiche per il sud che vedeva tra i partecipanti lo stesso governatore Raffaele Lombardo.
Stando a tali dichiarazioni, Gela non avrebbe compiuto alcun miglioramento nel corso dell'ultimo ventennio: gli arresti, le denunce dell'associazione antiracket più prolifica dell'intero territorio nazionale, l'esperimento avviato dall'ex sindaco, ed oggi deputato europeo, Rosario Crocetta, spesso ospite in quel Veneto rappresentato proprio da Tosi, non avrebbero sortito risultato alcuno.
Situazioni come quella gelese, sempre secondo il sindaco di Verona, giustificherebbero “tutte le precauzioni assunte dal governo centrale nel trasferimento di risorse pubbliche, onde evitare l'inserimento di interessi mafiosi”.
Un fenomeno, quello mafioso, quindi, strettamente legato al sud e a città come Gela, che pur tentando di mutare la propria sorte sono destinate a morire di mafia.
Tosi, però, nell'analisi compiuta davanti alle telecamere de “La7”, ha trascurato di citare le dichiarazioni rilasciate al quotidiano “L'Arena” di Verona, solo lo scorso novembre, da Mario Giulio Schinaia, Procuratore della Repubblica del centro veneto.
A Verona-dichiarò Schinaia-c'è un sottobosco di operazioni criminali gestite ad alto livello da grandi professionisti che non hanno respinto le richieste di individui legati alla criminalità organizzata”.
Al parere di Schinaia si aggiunge quello di Antonio Nicaso, esperto del fenomeno mafioso, convinto che Verona sia “una realtà economica troppo opulenta per non destare appetiti, qui c'è gente che paga e non denuncia, ci sono esercizi che versano il pizzo, la 'ndrangheta, in particolare, ha un occhio di riguardo per Verona”.
Tesi fatta propria dall'ex Questore scaligero Luigi Merolla, “organizzazioni mafiose e camorristiche-dichiarava-acquistano pezzi di imprenditoria locale, offrono capitali a imprese che ne hanno bisogno, riciclano denaro sporco in attività ad alto reddito”.
Omissioni che, per un rappresentante istituzionale impegnato in un dibattito pubblico, pesano come macigni.
Netta la replica di Angelo Fasulo, sindaco di Gela, molto turbato dalle dichiarazioni rilasciate dal collega veronese.
“Le parole pronunciate lunedì da Tosi-dichiara Fasulo-lasciano sconcertati quanto a superficialità, sono assolutamente obsolete e prive di un’appropriata riflessione, Tosi dimostra, in maniera evidente, di essere vittima dello stereotipo della terra di mafia che prevaleva per Gela più di un ventennio addietro, il sindaco dovrebbe aggiornarsi, leggendo, ad esempio, di tutti gli sforzi compiuti dalle ultime amministrazioni per mutare la rotta di questa città”.


Economia a picco in Sicilia, crollano Pil e produzione industriale. E le famiglie non spendono più


29 settembre 2010 
Fonte: Siciliainformazioni.com








www.siciliainformazioni.com In Sicilia diminuisce il prodotto interno lordo del 2,7%, mentre crollano produzione industriale e spesa della famiglie. E' quanto emerge dai dati Istat sui principali aggregati dei conti economici regionali nel 2009. Il dato siciliano è in linea rispetto alla media nazionale, che registra il 5% in meno di ricchezza prodotta rispetto allo scorso anno. Durante il periodo di recessione, l'isola ha prodotto beni e servizi per un valore di 68,7 mld di euro, e tra le regioni meridionali risente meno della crisi insieme alla Calabria, dove il Pil prodotto presenta una diminuzione del 2,3%. Andando ai settori di attività, il valore aggiunto della produzione diminuisce del 12%, restando comunque al di sotto della media nazionale pari a -13,2%. E' l'agricoltura a registrare il dato peggiore: segna -4%, più alta della media nazionale (-1%). Nei servizi, invece, si registra una lieve diminuzione (-0,6%) sul 2008, rispetto a una media nazionale che segna -2,6%. Rispetto al 2008 crescono, invece, redditi da lavoro dipendente del 2,8%, addirittura più della media nazionale, pari a 2,1% e di quella del Mezzogiorno (2,6%). Le famiglie siciliane, infine, consumano meno. La spesa è diminuita, infatti, del 3,1%, circa 49,6 mld di euro, e si colloca sotto la media nazionale, che si ferma a -1,9% rispetto allo scorso anno.


"Al nuovo assessore regionale alla Famiglia chiediamo di affrontare il tema della povertà, con una politica di lungo respiro, e di operare in stretto raccordo con i territori, in sinergia con l'assessorato alla Sanità, ed alle parti sociali per migliorare il sistema del welfare". All'indomani dell'attribuzione delle deleghe del Lombardo quater, e delle ultime notizie sull'indebitamento delle famiglie nell'Isola è questo il messaggio che la Cgil siciliana, con la segretaria regionale Elvira Morana, manda al titolare di Lavoro, politiche sociali e famiglia, Andrea Piraino. La Cgil, nel chiedere un cambio di passo del governo regionale, ricorda che "200 milioni del bilancio regionale destinati alle famiglie sono andati in economia, cioé non sono stati immpegnati". "A rischio - aggiunge Morana - sono inoltre 44 milioni di premialità previsti per i servizi per l'infanzia, considerato il rischio che non si raggiungano entro il 2012 i parametri richiesti per questo obiettivo". "Un'approfondita discussione urge - sottolinea ancora l'esponente della Cgil - sui pericoli che incombono in relazione alla definizione dei costi standard, previsti dal federalismo fiscale, per funzioni come l'istruzione e la protezione sociale". Su questi temi la Cgil chiede all'assessore Piraino, "un confronto immediato per definire obiettivi comuni nell'interesse della Sicilia".

martedì 28 settembre 2010

CONFLITTO D’INTERESSI, POLEMICHE AL COMUNE DI GELA

Di Rosario Cauchi
27.09.2010
Fonte: Siciliainformazioni.com

L'avvertimento è stato lanciato dal consigliere socialista Piero Lo Nigro, “molti tecnici  comunali, approfittando del part-time svolto in favore dell'ente, proseguono la loro attività professionale, favorendo, così, il percorso delle pratiche edilizie presentate dai loro clienti rispetto a quello delle altre”.
Ma i tecnici chiamati in causa non ci stanno e controbattono alle accuse lanciate da Lo Nigro, attuale presidente dell'ordine provinciale degli agronomi.
A Gela, l'edilizia e gli interessi che si muovono intorno al settore ritornano in primo piano, all'indomani della pubblicazione del piano regolatore generale sulla gazzetta ufficiale della regione.
Il consigliere Lo Nigro-dice un dipendente del settore Urbanistica-non dovrebbe generalizzare, non può, dall'alto della sua carica, accusare tutto e tutti, io presto servizio per il comune di Gela da più di quindici anni e dal momento della mia assunzione non ho più svolto alcuna attività privata”.
Altri addetti dell'ufficio Urbanistica puntano l'indice contro “quei pochi che, pur operando per l'ente comunale, effettivamente continuano a lavorare per i privati, addirittura si occupano della redazione di progetti, successivamente presentati da importanti imprenditori edili della città”.
Un professionista, in passato membro di commissioni tecniche comunali, ammette, invece, che “il vero problema, alla base dei casi di conflitto d'interessi sorti tra i tecnici comunali, riguarda le nomine, tutte politiche, necessarie per la formazione di importanti commissioni, come quella per la valutazione dell'incidenza ambientale, il cui giudizio può determinare la prosecuzione o la definitiva morte di grandi progetti edilizi”.
All'interno di questi organi-aggiunge il professionista-siedono tecnici che, addirittura, potrebbero aver redatto progetti giunti poi al loro stesso vaglio, praticamente parliamo di situazioni nelle quali il controllato ed il controllore si incarnano nella stessa persona”.
Renato Mauro, attuale dirigente del settore Urbanistica, a sua volta, invita il consigliere Lo Nigro a rendere precise indicazioni, correlate da nomi e cognomi, sui tecnici in conflitto d'interessi.
Già in passato-aggiunge il dirigente comunale-ho assunto provvedimenti finalizzati ad ostacolare casi simili a quelli denunciati dal consigliere Lo Nigro, anche se al momento non risultano, almeno stando alle mie informazioni, ipotesi di questo genere”.









domenica 26 settembre 2010

DA OGGI, "ATTUALITA' E LAVORO" E' ANCHE VOCALE...

"Attualità e Lavoro", il blog che ho deciso di realizzare, si apre all'intermodalità comunicativa.
Grazie all'applicazione "Readspeaker", sarà possibile, come in origine, leggere tutti le notizie che quotidianamente affluiscono, ed inoltre, ascoltarle attraverso l'intervento di una voce in grado di decifrare tutti i testi presenti all'interno del blog.
Per usufruire del servizio, è sufficiente cliccare sull'icona "ascolta" collocata proprio in testa a tutti i post finora inseriti in "Attualità e Lavoro": un'opportunità in più, anche per favorire l'interconnessione con utenti diversamente abili.

Ignazio Giudice
 

«Lo scheletro dello scandalo»

Denuncia di Giudice: «In via Venezia centro direzionale-commerciale fermo da 11 mesi»

Il segretario provinciale di Fillea-Cgil Ignazio Giudice ha aperto un blog per parlare di temi non solo sindacali ma anche sociali e politici. Uno spazio di riflessioni sul territorio da condividere con il popolo dei "navigatori", ma anche il luogo da cui lanciare idee e proposte per le pubbliche amministrazioni.
La prima riflessione riguarda l'edilizia e il rapporto tra enti pubblici e privati investitori in una città dove non esiste il controllo del territorio. La riflessione-denuncia è scattata passando da via Venezia. Lì da ormai 11 mesi dinanzi la sede del commissariato di polizia, è stato costruito a opera di privati, su concessione edilizia del Comune, lo "scheletro" di ciò che doveva essere un bel centro direzionale-commerciale, capace di modificare l'immagine di quell'area e soprattutto creare nuova occupazione attraverso il pieno utilizzo delle aree e superfici commerciali oggetto di investimento da parte di operatori economici.
In città tutti sanno di cosa si tratta. È il famoso centro direzionale (8 milioni di euro) dell'Hopaf società che fa capo ad un imprenditore sotto scorta agrigentino Giuseppe Burgio (di recente le cronache si sono occupate di lui perché tirato in ballo dal pentito Luigi Putrone ex reggente di Porto Empedocle) che a Gela ha anche dei supermercati. Burgio aveva affidato la realizzazione dell'opera alla società gelese Sogresal dell'imprenditore Salvatore Greco anche lui sotto scorta.
Cantiere inaugurato in pompa magna durante l'era Crocetta. Poi però il Comune revocò la concessione per mancato pagamento degli oneri, Burgio contestò e alla fine la questione fu risolta.
Resta il fatto che quel cantiere è chiuso. Il centro direzionale è al momento il caso di un'opera privata che resta incompiuta. «Che a Gela anche i privati lasciano le opere incompiute come se ciò fosse normale è veramente fuori dal mondo - commenta Ignazio Giudice - e tutto ciò è fatto con superficialità quasi a voler dire alla città che quest'altra bruttura se la meritava. È l'ora di stabilire regole certe nel rapporto pubblico-privato. Non è normale che due imprenditori non diano corso all'esecuzione dell'opera e la città ha un nuovo monumento all'inefficienza, alla superficialità, quasi al cinismo di privati che iniziano e neanche a metà dell'opera se ne vanno. Almeno ci dicessero cosa accade».
Il sindacalista non cita ciò che tutti in città sanno - e cioè che Hopaf e Sogresal sono venute in contrasto - e partendo da questa vicenda propone che venga rispettato lo statuto comunale che all'articolo 6 impone al Comune, al fine di garantire un idoneo ed ordinato sviluppo del territorio, di sorvegliare sulla perentoria esecuzione delle opere, siano esse pubbliche o private. Propone anzi di modificare lo statuto di Gela, mutuandolo da quello del Comune di Vicenza alcuni principi sullo sviluppo urbanistico del territorio che riguardano i controlli, la prevenzione e l'eliminazione di ciò che inquina anche visivamente.
«Se il Comune sorvegliasse sulla perentoria esecuzione delle opere su cui ha rilasciato concessioni edilizie a cominciare dalle più grandi - afferma ancora Giudice - le cose andrebbero meglio. Ci sarebbe maggiore attenzione verso le società che propongono l'investimento, in termini di capacità finanziaria, che a sua volta significa avere certezza che gli appaltatori e di riflesso i lavoratori e tutte le maestranze impegnate sicuramente saranno pagati con deflazione dei problemi sociali connessi ai mancati pagamenti. Alla fine tutto questo si traduce in opere completate per la città ed economia che gira e non avremmo cantieri incompleti che deturpano il paesaggio».
Controllare i privati, dunque, perché accogliere chiunque voglia investire nel nostro territorio non è sempre conveniente se poi le opere restano incompiute, le maestranze assunte perdono poco dopo il lavoro e la città si abbruttisce dell'ennesimo scheletro. Quello lasciato dai privati che si aggiunge a quello delle pubbliche amministrazioni.

M. C. G.
26/09/2010
Fonte: "La Sicilia" ed.Caltanissetta
Una città vivibile e a dimensione d’uomo

 E’ stato e continua ad essere il sogno di tanti Gelesi stanchi di osservare che il tempo imbruttisce la città, ogni suo angolo, ogni spazio vuoto. Da ormai 11 mesi, passando da Via Venezia, per essere precisi dinanzi la sede del commissariato di polizia, è possibile osservare un’opera avviata da privati, ovviamente su concessione edilizia.
Lo scheletro di ciò che doveva essere un bel centro direzionale – commerciale, capace di modificare l’immagine di quell’area e soprattutto creare nuova occupazione attraverso il pieno utilizzo delle aree e superfici commerciali oggetto di investimento da parte di operatori economici, giace abbandonato a sé stesso.
Erano tante le attese da parte dei cittadini, perché già 11 mesi fa la disoccupazione ed il prodotto interno lordo di Gela avevano toccato punte di crisi equiparabili a zone d’Italia e del mondo a rischio desertificazione.
Fino a poco tempo fa, parlavamo di incompiute ed il riferimento erano le grandi, medie e piccole opere pubbliche: dai viadotti al carcere passando per i parcheggi, e difatti in Italia si contano 403 opere incompiute e di queste 161 solo in Sicilia.
Sapevamo, e non lo dico con rassegnazione, che il pubblico non funzionava bene e che negli anni i comuni e gli enti pubblici che hanno contribuito a fare scempio delle aree urbane sono tanti e, come ci dice il dato, la regione Sicilia è in testa. 
Ma che a Gela anche i privati lasciassero le opere incompiute come se ciò fosse normale è veramente fuori dal mondo e tutto ciò è fatto con superficialità, quasi a voler dire alla città che quest’altra bruttura se la meritava.
E’ l’ora di stabilire regole certe nel rapporto pubblico – privato. Insomma vi pare normale che due imprenditori non diano corso all’esecuzione dell’opera e la città abbia un nuovo “monumento” all’inefficienza, alla superficialità, quasi al cinismo di privati che iniziano e neanche a metà dell’opera se ne vanno? Almeno ci dicessero cosa accade! Neanche gli appassionati d’arte moderna considerano un’opera degna di nota quello scheletro che la Hopaf s.p.a. ha voluto “regalare” alla città.
Rispetto a quanto detto, la proposta per questa città è già presente nello stesso statuto del Comune di Gela, che tutti dovrebbero conoscere e che il ceto politico sembra aver ignorato. Infatti, come si può leggere all’art. 6, il Comune di Gela, in questo caso, al fine di garantire un idoneo ed ordinato sviluppo del territorio dovrebbe sorvegliare sulla perentoria esecuzione delle opere, siano esse pubbliche o private, soprattutto se quelle opere hanno un impatto ambientale rilevante, come nel caso del centro commerciale summenzionato, che collocato su una delle principale vie commerciali della città, ha un notevole impatto non solo sulla cittadinanza ma anche su coloro che attraversano la nostra città per altri motivi. Pertanto, si tratterebbe solo di procedere all’attuazione dei principi fondamentali voluti dalla nostra stessa comunità, per dare ordine e sistemazione ad uno sviluppo urbanistico che neppure la Procura della Repubblica riesce a contenere.

Anzi, credo utile avanzare un’ulteriore proposta apportando delle modifiche allo statuto esistente, con quanto previsto dallo statuto del Comune di Vicenza, in ordine allo sviluppo urbanistico del territorio. 

 ART. 3 Tutela e valorizzazione del territorio comunale
 Il comune promuove ad attua un organico assetto del territorio, nel quadro di uno sviluppo equilibrato degli insediamenti umani e delle infrastrutture sociali, privilegiando il recupero del patrimonio edilizio esistente; promuove e realizza la salvaguardia dell’ambiente, la qualità della vita e la salute pubblica con attività rivolte a prevenire, reprimere ed eliminare ogni forma di inquinamento; promuove il risparmio delle risorse naturali ed ambientali; tutela i valori del paesaggio e del patrimonio naturale, storico ed artistico attuando, in particolare, iniziative di valorizzazione dei beni iscritti nella Lista del patrimonio mondiale dell’UNESCO.

L’analisi condotta ci porta a considerazioni di carattere economico. Sorvegliare sulla perentoria esecuzione delle opere a cui si è rilasciata la concessione edilizia non significa solo armonioso sviluppo del territorio, che in una città come Gela non sarebbe affatto male, ma significa anche sviluppo economico tout court. Cosa si vuole dire e quale proposta si vuole lanciare?
 Se i principi dell’ordinamento trovassero puntuale attuazione, si genererebbe maggiore attenzione verso le società che propongono l’investimento, anche in termini di capacità finanziaria, che a sua volta significherebbe avere certezza che gli appaltatori, e di riflesso i lavoratori e tutte le maestranze impegnate vengano pagate con deflazione dei problemi sociali. Alla fine, tutto questo si traduce in opere completate per la città ed economia che gira. Per cui se la politica si concentrerà nel dare attuazione al principio generale, anche gli altri fattori sociali potranno progredire, allo scopo di porre rimedio ad inefficienze o casi di abbandono di cantieri che non fanno altro che deturpare la città.

                                                             Dirigente Regionale Fillea Cgil Sicilia
                                                                            Ignazio Giudice

sabato 25 settembre 2010

A GELA L'ASP CHIEDE L'ISTITUZIONE DI UN REGISTRO PER LE MALFORMAZIONI, MA I FONDI SONO INSUFFICIENTI



Di Rosario Cauchi
25.09.2010
Fonte: Siciliainformazioni.com

“Il problema delle malformazioni a Gela è molto serio”, ammissione che giunge direttamente dalla dottoressa Marcella Santino, delegata del direttore generale dell'Azienda Sanitaria Provinciale di Caltanissetta, Paolo Cantaro.Per far fronte all'aumento dei casi, e poter meglio monitorare il fenomeno, la stessa Santino richiede “l'istituzione di un registro delle malformazioni, uguale a quello, già presente, dei tumori”.
Giuseppe Federico, attuale presidente della Provincia di Caltanissetta, però, pone alcuni vincoli di tipo strettamente economico.
“I fondi a disposizione del nostro ente-dichiara-quest'anno hanno subito una decurtazione pari ad 11 milioni di euro, riduzione che, allo stato attuale, non mi consente di procedere all'istituzione di un registro per il monitoraggio dei casi di malformazioni”.
A Gela, quindi, l'incidenza industriale continua a mietere ulteriori conseguenze.
Del resto, le statistiche, ormai da diversi anni, parlano chiaro: inserendo la città tra quelle più a rischio, caratterizzata da altissime percentuali patologiche.
Tra i casi più spinosi, le ipospadie infantili, i tumori ai polmoni ed in generale all'apparato respiratorio, e le stesse malformazioni neonatali.
“Piaghe-commenta Ignazio Giudice della segreteria regionale della Fillea Cgil-che non sembrano arrestarsi, fra i più colpiti i lavoratori dell'industria Eni, solo questa settimana ho ricevuto la visita di otto, fra attuali ed ex dipendenti, che mi hanno confidato di aver ricevuto la notizia di essere affetti da tumori”.
Per questi motivi, alcune parti del sindacato locale hanno proposto l'inserimento del territorio gelese all'interno del piano strategico nazionale per il contrasto alle patologie neoplastiche.
Intanto, lo stesso Giuseppe Federico, che affianca alla carica di Presidente della Provincia di Caltanissetta quella di deputato regionale, ha annunciato la presenza, all'interno del bilancio regionale, di un capitolo dedicato alle aree a rischio ambientale, “spetta all'Asp-ha precisato- predisporre un progetto per poter accedere ai fondi messi a disposizione da Palermo”.

venerdì 24 settembre 2010

LATITANTE GELESE CATTURATO IN SVIZZERA
24 settembre 2010
Fonte: Siciliainformazioni.com







www.siciliainformazioni.com Il latitante Roberto Di Giacomo, 41 anni, di Gela, è stato arrestato in Svizzera dalla polizia. Ex collaboratore di giustizia, poi sottrattosi al programma di protezione, è finito in manette a Berna, grazie all'attività investigativa svolta dagli agenti della mobile di Caltanissetta, Bologna, in collaborazione con personale del commissariato di Gela, e con l'ausilio della Polizia Svizzera. Le indagini sono state coordinate dalla Dda nissena guidata da Sergio Lari.

A carico di Di Giacomo - personaggio di spicco della mafia gelese, riconducibile alla 'Stidda', nonché fratello di Giuseppe, collaboratore di giustizia ucciso dalla mafia nel '92, a 25 anni - pendeva una condanna a 16 anni e mezzo inflittagli il 19 dicembre 2007 dalla corte d'assise d'appello di Bologna e passata in giudicato il 4 maggio scorso. Di Giacomo era stato processato per traffico di droga e concorso nell'omicidio di Vincenzo Gumari, ucciso in Vignola l'11 agosto '92. Temendo l'esecuzione della sentenza, Di Giacomo aveva abbandonato l'Italia per la Bulgaria, paese natale della sua nuova moglie, assumendo il cognome Tschauschev, usando il quale si era trasferito con la sua famiglia in Svizzera, a Lugano, da dove faceva puntate in Italia.


Roberto Di Giacomo, 41 anni, lo "stiddaro" di Gela arrestato oggi in Svizzera, è stato indicato come il collaboratore di giustizia "pentito di essersi pentito". Esattamente come il fratello, Giuseppe, che oggi avrebbe 43 anni se non fosse stato ucciso dalla sua stessa famiglia, il 7 dicembre del '92, e il suo corpo bruciato in un canale d'irrigazione di contrada Manfria. Entrambi killer dichiarati della "Stidda", durante gli anni di piombo della guerra di mafia a Gela (1987-1992), erano destinati a fare carriera nell'organizzazione, ma fuggirono in Emilia e cominciarono a collaborare con la giustizia quando capirono che, scoperti, rischiavano l'ergastolo. Giuseppe si autoaccusò del tentato omicidio del dirigente del comune di Gela, Renato Mauro, rivelando che il mandante sarebbe stato lo zio, Salvatore Di Giacomo, coordinatore del servizio di manutenzione municipale, per non aver consentito un trasferimento-promozione. Ma dopo il primo colpo la pistola si inceppò e Mauro rimase soltanto ferito a un orecchio.

La famiglia Di Giacomo non perdonò mai a Giuseppe questo affronto. E quando, in circostanze ancora oscure, una notte, si sottrasse al regime di protezione e tornò a Gela, fu cacciato via dai parenti, ucciso da sconosciuti e bruciato. Aveva 25 anni. Il padre non volle i funerali. Disse che così intendeva punirlo per gli errori commessi in vita. Intanto, le rivelazioni che aveva fatto a magistratura e carabinieri, fecero scattare l'operazione antimafia "Abele", con numerosi arresti, tra cui gli esecutori del delitto del profumiere Gaetano Giordano. A decretarne la morte sarebbe stato il boss, Orazio Paolello, con una scelta a caso, per reagire al clima di collaborazione che si era creato tra i commercianti locali e la giustizia, dopo la scoperta del libro mastro del racket, avvenuto nel sottotetto di una palazzina popolare di Scavone, il "Bronx" di Gela. La faida di Gela tra "Stidda" e "Cosa Nostra" costò alla città 120 morti ammazzati e centinaia di feriti.
Niscemi, 24.09.2010 | di Rosario Cauchi

Niscemi, la visita della Commissione regionale antimafia

Lanciato l'allarme: la criminalità avanza nella provincia di Caltanissetta


Dopo l'attentato incendiario subito da Giovanni Di Martino, sindaco di Niscemi, la Commissione Regionale Antimafia, presieduta da Calogero Speziale, è giunta nel piccolo centro nisseno.  Solidarietà all'amministratore preso di mira ed un monito, “bisogna impedire il ripetersi di episodi di questo genere, soprattutto se commessi all'interno di una provincia altamente instabile come quella di Caltanissetta”.  Sono stati molto chiari i componenti della Commissione Regionale Antimafia, il primo atto che verrà immediatamente compiuto sarà la convocazione di un vertice che riunirà tutti i prefetti delle province siciliane. 
“Bisogna affrontare con serietà la piaga delle intimidazioni subite da molti amministratori locali-ha detto il presidente Calogero Speziale - e stimolare il governo regionale all'apertura di canali preferenziali con i comuni più a rischio”.  Proprio la provincia di Caltanissetta, infatti, in questi ultimi mesi, è stata teatro di diversi episodi, ancora al vaglio degli organi inquirenti.  Gli attentati incendiari rappresentano la costante quotidianità di centri come Gela, Niscemi, San Cataldo e Caltanissetta.  L'avvertimento rivolto al sindaco Di Martino, infatti, è l'ultima tappa di un lungo percorso.  Solo la scorsa settimana, infatti, l'imprenditore edile Angelo Stracuzzi ha subito, nella zona di Riesi, un agguato che solo per caso non gli è costato la vita: diversi proiettili hanno raggiunto la sua auto mentre l'obiettivo prescelto si spostava verso Licata.  Senza dimenticare il travaglio amministrativo di Vallelunga Pratameno: un consiglio comunale sciolto per infiltrazioni mafiose e i commissari giunti per espletare gli atti di straordinaria urgenza minacciati e costretti alle dimissioni.
Non si fermano, inoltre, le intimidazioni rivolte ad imprese e professionisti.  Intanto, importanti collaboratori di giustizia, una volta parti integranti delle principali organizzazioni criminali della provincia, continuano a rivelare le loro verità ai magistrati che li interrogano.  Fra i più attivi, Carmelo Barbieri, ex componente del gruppo Madonia di Gela, in grado di aprire, con le proprie dichiarazioni, la strada verso l'arresto del presunto sicario di cosa nostra niscemese Giuseppe Buzzone, e che si appresta ad essere sentito anche nell'ambito del processo “Deserto”, scaturito da un'operazione condotta contro alcuni presunti componenti del gruppo di cosa nostra di Vallelunga Pratameno.

Fonte: Siciliainformazioni.com e Liberainformazione.org

giovedì 23 settembre 2010

sabato convegno della nuova associazione «Corsa per la vita»

Screening tumorale di massa ai cittadini

Sabato, con inizio alle 10 presso Palazzo Ducale si apriranno i lavori del convegno " Screening tumorale di massa ai cittadini del territorio gelese. Quale futuro nella città, nel lavoro, per l'ambiente?".
L'iniziativa è organizzata da una nuova associazione " Corsa per la vita" presieduta da Silvano Lisciandra, nata per sensibilizzare, promuovere, intervenire con proposte concrete ed efficaci, su un tema che da troppi anni ha tenuto banco in città. Grazie ad alcuni uomini e donne, associazioni culturali e di volontariato, la città ha ottenuto la radioterapia.
"Per l'associazione che mi onoro di presiedere - ha detto il presidente Silvano Lisciandra - sabato sarà una giornata importante da dedicare con sobrietà e serietà a tutti quei cittadini che da anni sperano in una adeguata prevenzione oncologica. Stiamo invitando i cittadini, gli studenti, le associazioni, le istituzioni con l'augurio che attraverso questo convegno si possa partire con l'ambizioso progetto di avere nella città più a rischio della provincia per patologie tumorali, nel mondo del lavoro, e nella società in generale una nuova ed autentica cultura della prevenzione".
Al convegno sono stati invitati l'assessore regionale alla sanità Massimo Russo, il Direttore Generale dell'Azienda sanitaria provinciale Caltanissetta, Salvatore Paolo Cantaro, l'oncologo dell'azienda ospedaliera di Gela Roberto Valenza che fornirà dati ed idee importanti per la città, il sindaco Angelo Fasulo, l'on. Pino Federico, il segretario regionale della Fillea Cgil Ignazio Giudice, il dott. Antonio Rinciani presidente della fondazione Osa . I lavori saranno coordinati da Rosario Cauchi.

M.C.G.
Fonte: La Sicilia ed.Caltanissetta
23/09/2010
 Ispettori in attesa di «chiamata» Inps

In 307 vinsero un concorso nel 2009. Ancora non sono stati assunti nonostante la firma del contratto

Vincono un concorso all'Inps, ma il lavoro non arriva. Neanche dopo aver già firmato il contratto. Succede questo nell'Italia del lavoro che non c'è anche quando potrebbe esserci. Del lavoro che non c'è, anche quando il costo del personale si paga da solo. Ci sono pure alcuni gelesi laureati in Giurisprudenza ed Economia e Commercio nella lista dei vincitori del concorso pubblico per titoli ed esami, bandito nel 2007 dall'Inps per 293 posti di ispettore di vigilanza. Le prove si erano concluse nel 2009 e circa 800 partecipanti erano risultati idonei. Per tutti si era aperta una porta, una speranza, considerato che in Italia l'Inps ha una carenza di 1000 unità ispettive e l'impiego dei vincitori del concorso, da parte l'Istituto nazionale di previdenza sociale in attività ispettive potrebbe garantire entrate aggiuntive e il recupero dei contributi omessi e nella lotta all'evasione e nell'individuazione dei falsi invalidi. ùLa doccia fredda è arrivata con il decreto legge "anticrisi" n. 78 del 2009, che ha previsto il blocco delle assunzioni di personale in gran parte delle pubbliche amministrazioni, comprese quelle già autorizzate e quelle previste da disposizioni di carattere. Dopo tante vicissitudini, il decreto del presidente del Consiglio dei ministri del 17 novembre 2009 ha autorizzato ad assumere unità di personale per le Amministrazioni dello Stato, gli Enti pubblici non economici, le agenzie e le autorità di bacino e il 24 febbraio 2010 è stata, poi, pubblicata la graduatoria definitiva del concorso all'Inps.
A metà maggio i 293 vincitori (più altre 14 unità previste da un ampliamento, per un totale di 307 unità) hanno firmato il contratto di lavoro e, per effetto dello scorrimento della graduatoria concorsuale, attualmente sono circa 435 i giovani che attendono di prendere servizio. Di questi 55 sono siciliani. Ma un nuovo blocco delle assunzioni impedisce ai vincitori del concorso di ottenere il loro posto di lavoro.
Senza la firma del decreto, da parte della presidenza del Consiglio dei Ministri, quei giovani non potranno andare a lavorare. Il caso è stato sottoposto dagli interessati a vari esponenti sindacali regionali e nazionali. Ed anche a Gela lo si sta seguendo con interesse, vista la presenza di gelesi nella lista dei vincitori di concorso.
«Una vicenda assurda - dice il segretario di Fillea Cgil, Ignazio Giudice - gli ispettori di vigilanza non sono semplicemente un costo, ma anche una risorsa. Infatti, nel bilancio dell'Inps le somme recuperate grazie all'attività di ispezione e di vigilanza sono circa un miliardo e mezzo all'anno e si occupano, come è evidente, di recuperare sacche importanti di evasione, di elusione, di contrastare il lavoro nero, di vigilare affinché vi sia la garanzia della sicurezza sul lavoro. L'Inps ha stanziato risorse per avviare al lavoro questi giovani ed ha effettuato prepensionamenti in previsione del concorso. Quindi, se non si facesse qualcosa per riparare all'errore prodotto dal legislatore con questa norma vi sarebbe un grave danno per questi giovani, ma soprattutto un grave danno per l'erario, perché verrebbe significativamente limitata la capacità dell'Inps di contrastare il lavoro nero e di recuperare l'evasione contributiva».
Giudice continua dicendo che «questa scelta politica appare in evidente contrasto con l'enorme utilità economico-sociale dell'attività ispettiva. Le risorse umane impiegate nella funzione ispettiva, non rappresentano, nel bilancio dello Stato, una voce passiva di costo, ma producono altresì un'entrata, riguardante i contributi evasi o omessi, che resterebbero non recuperati in assenza di un nutrito corpo di vigilanza».
Il sindacato difende il diritto al lavoro dei giovani che hanno vinto il concorso, ma anche il fatto che con loro si contrasta il lavoro nero nei cantieri. Da qui l'appello alla classe politica siciliana a mobilitarsi presso il governo nazionale perchè l'Inps abbia l'autorizzazione ad assumere i vincitori di concorso la cui lista di idonei è, peraltro, sottostimata rispetto al vuoto d'organico dichiarato dall'Istituto.

M. C. G.
22/09/2010
Fonte: La Sicilia ed.Caltanissetta
La Fillea Cgil denuncia lo stato di paralisi della selezione

I vincitori del concorso all'Inps
in attesa da 2 anni dell'assunzione



di Fabrizio Parisi   
Giovedì 23 Settembre 2010 - 11:51
Gela - Da due anni i 293 vincitori di un concorso pubblico bandito dall’Inps come ispettore di vigilanza attendono di essere assunti. Hanno superato le prove scritte e orali. L’Inps ha una carenza di organico pari a circa 1.000 unità. Ecco perché Ignazio Giudice, dirigente regionale della Fillea Cgil, ha sollecitato la loro assunzione, ribadendo che l'impiego dei vincitori del concorso da parte l'Inps in attività ispettive potrebbe garantire entrate aggiuntive all'istituto e il recupero dei contributi omessi e nella lotta all'evasione e nell'individuazione dei falsi invalidi.
Il blocco delle assunzioni è derogato quando ci si trova davanti a corpi di polizia, forze armate, vigili del fuoco, delle università e degli enti di ricerca, del personale di magistratura e del comparto scuola, nei limiti consentiti dalla normativa vigente.
“A metà maggio i 293 vincitori del concorso – dice Giudice - hanno firmato il contratto di lavoro e, per effetto dello scorrimento della graduatoria concorsuale, attualmente sono circa 435 i giovani che attendono di prendere servizio. Gli ispettori di vigilanza non sono semplicemente un costo, ma anche una risorsa.
Infatti, nel bilancio dell'Inps le somme recuperate grazie all'attività di ispezione e di vigilanza sono circa un miliardo e mezzo all'anno e si occupano, come è evidente, di recuperare sacche importanti di evasione, di elusione, di contrastare il lavoro nero, di vigilare affinché vi sia la garanzia della sicurezza sul lavoro.
Vorrei inoltre segnalare che l'Inps ha stanziato risorse per avviare al lavoro questi giovani ed ha avviato prepensionamenti in previsione del concorso.
Quindi, se non si facesse qualcosa per riparare all'errore prodotto dal legislatore con questa norma vi sarebbe un grave danno per questi giovani, ma soprattutto un grave danno per l'erario, perché verrebbe significativamente limitata la capacità dell'Inps di contrastare il lavoro nero e di recuperare l'evasione contributiva".
Tale scelta politica appare in evidente contrasto con l'enorme utilità economico-sociale dell'attività ispettiva.
Infatti, le risorse umane impiegate nella funzione ispettiva, non rappresentano, nel bilancio dello Stato una voce passiva di costo, ma producono altresì un'entrata, riguardante i contributi evasi o omessi, che resterebbero non recuperati in assenza di un nutrito corpo di vigilanza.
Il blocco delle assunzioni nella pubblica amministrazione impedisce all'Inps, malgrado le carenze della pianta organica, di chiamare in servizio questi giovani laureati, preparati, motivati e soprattutto mossi da una incrollabile fiducia che tutti i sacrifici sostenuti non saranno vani.
L'attesa si basa su un presupposto essenziale: l'Inps non ha mai nascosto la forte carenza d'organico nel settore ispettivo (l'esaurimento della graduatoria non basterebbe a colmare la carenza).
A ciò si aggiunga quanto il nostro Paese, in questo preciso momento storico, necessiti di una efficace attività di vigilanza finalizzata soprattutto alla prevenzione e repressione del purtroppo sempre più dilagante fenomeno del lavoro nero.
A questo punto il cerchio si chiude e la FILLEA CGIL si chiede come mai non si agisca al più presto per assumere i tanti giovani selezionati, molti dei quali sono meridionali, in gran parte siciliani (55 vincitori e 86 idonei) che attendono il decreto del presidente del Consiglio dei Ministri per colmare i vuoti nella pianta organica dell'Inps.
Sarebbe auspicabile che la classe politica dirigente provvedesse all'adozione, ciascuno nell'ambito delle proprie competenze, di ogni utile iniziativa, anche normativa, volta a consentire all'Inps di procedere all'assunzione dei vincitori del concorso al fine di ridurre le attuali carenze di personale, conseguenti ai prepensionamenti che l'Istituto aveva attuato proprio in previsione del citato concorso.

Fonte: ilgiornaledigela.it

mercoledì 22 settembre 2010

L'INPS E IL BLOCCO DELLE ASSUNZIONI NEL SETTORE ISPETTIVO



Gela, 22/09/2010

Nel 2007, l'Inps ha bandito un concorso pubblico per esami per 293 posti nel profilo di ispettore di vigilanza, area funzionale C, posizione economica C1 (bando pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, IV serie speciale concorsi ed esami del 26 giugno 2007);
le prove del concorso si sono concluse nel 2009 e circa 800 partecipanti hanno superato le prove scritte e orali e sperano di essere assunti in tempi brevi, atteso che l'Istituto nazionale per la previdenza sociale (Inps) risulterebbe avere nella qualifica di ispettore di vigilanza una carenza di organico pari a circa 1.000 unità;
La FILLEA CGIL insiste nel ribadire che l'impiego dei vincitori del concorso da parte dell'Inps in attività ispettive potrebbe garantire entrate aggiuntive all'istituto e il recupero dei contributi omessi, senza trascurare la lotta all'evasione e l'individuazione dei falsi invalidi;
l'articolo 17, comma 7, del cosiddetto decreto-legge «Anticrisi» n. 78 del 2009 prevede il blocco delle assunzioni di personale in gran parte delle pubbliche amministrazioni, comprese quelle già autorizzate e quelle previste da disposizioni di carattere speciale, fatte salve quelle dei Corpi di polizia, delle forze armate, del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, delle università e degli enti di ricerca, del personale di magistratura e del comparto scuola, nei limiti consentiti dalla normativa vigente.
Dopo tante vicissitudini, sulla Gazzetta Ufficiale (37 del 15 febbraio) è stato pubblicato il decreto del presidente del Consiglio dei ministri del 17 novembre 2009 che contiene le autorizzazioni ad assumere unità di personale per le amministrazioni dello Stato, gli enti pubblici non economici, le agenzie e le autorità di bacino e il 24 febbraio 2010 è stata, poi, pubblicata la graduatoria definitiva del concorso.
A metà maggio i 293 vincitori del concorso (più altre 14 unità previste da un ampliamento per un totale di 307) hanno firmato il contratto di lavoro e, per effetto dello scorrimento della graduatoria concorsuale, attualmente sono circa 435 i giovani che attendono di prendere servizio.
La FILLEA CGIL è convinta che gli  ispettori di vigilanza non sono semplicemente un costo, ma anche una risorsa.
Infatti, nel bilancio dell’INPS le somme recuperate grazie all’attività di ispezione e di vigilanza ammontano a  circa un miliardo e mezzo all’anno (questo secondo la relazione del Presidente e Commissario Straordinario dell’Istituto Mastrapasqua).
Le unità da impiegare si occuperebbero, come è evidente, di recuperare sacche importanti di evasione, di elusione, di contrastare il lavoro nero, di vigilare affinché vi sia la garanzia della sicurezza sul lavoro.
Vorrei inoltre segnalare che l’INPS ha stanziato risorse per avviare al lavoro questi giovani ed ha avviato prepensionamenti in previsione del concorso.
Quindi, se non si facesse qualcosa per riparare all’errore prodotto dal legislatore con questa norma vi sarebbe un grave danno per questi giovani, ma soprattutto un grave danno per l’erario, perché verrebbe significativamente limitata la capacità dell’Inps di  contrastare il lavoro nero e di recuperare l’evasione contributiva.
Tale scelta politica appare in evidente contrasto con l’enorme utilità economico-sociale dell’attività ispettiva.
Infatti, le risorse umane impiegate nella funzione ispettiva, non rappresentano, nel bilancio dello Stato, una voce passiva di costo, ma producono altresì un’entrata, riguardante i contributi evasi o omessi, che resterebbero non recuperati in assenza di un nutrito corpo di vigilanza.
L’aumento del gettito contributivo, come si può osservare esaminando i bilanci preventivi dell’Inps per il 2009, è dovuto, tra l’altro, agli effetti della lotta all’evasione e all’elusione, resi possibili dall’attività di vigilanza dell’istituto.  
Al di là dei termini quantitativi, l’utilità prettamente pubblicistica del ruolo si apprezza in modo significativo nel risultato che le forze ispettive di vigilanza possono raccogliere in termini di lotta al fenomeno del lavoro nero, nonchè in termini di intensificazione delle garanzie riguardanti la sicurezza sul lavoro ed in genere il miglioramento delle condizioni di lavoro.
Il blocco delle assunzioni nella pubblica amministrazione impedisce all'Inps, malgrado le carenze della pianta organica, di chiamare in servizio questi giovani laureati, preparati, motivati e soprattutto mossi da una incrollabile fiducia che tutti i sacrifici sostenuti  non saranno vani.
L'attesa si basa su un presupposto essenziale: l'Inps non ha mai nascosto la forte carenza d'organico nel settore ispettivo (l'esaurimento della graduatoria non basterebbe a colmare la carenza).
A ciò si aggiunga quanto il nostro Paese, in questo preciso momento storico, necessiti di una efficace attività di vigilanza finalizzata soprattutto alla prevenzione e repressione del purtroppo sempre più dilagante fenomeno del lavoro nero.
A questo punto il cerchio si chiude e la FILLEA CGIL  si chiede come mai non si agisca al più presto per assumere i tanti giovani selezionati, molti dei quali sono meridionali, in gran parte siciliani (55 vincitori e 86 idonei) che attendono il decreto del presidente del Consiglio dei  Ministri per colmare i vuoti nella pianta organica dell'Inps.
Sarebbe auspicabile che la classe politica dirigente provvedesse all’adozione, ciascuno nell'ambito delle proprie competenze, di ogni utile iniziativa, anche normativa, volta a consentire all'Inps di procedere all'assunzione dei vincitori del concorso al fine di ridurre le attuali carenze di personale, conseguenti ai prepensionamenti che l'Istituto aveva attuato proprio in previsione del citato concorso.



                                                                                                Dirigente Regionale 
FILLEA CGIL
                                                                                                              (Ignazio Giudice)


FILLEA CGIL Caltanissetta Via Pitagora, 19 – 93012 Gela e-mail:filleacgilcl@libero.it



martedì 21 settembre 2010

La Camera di Commercio di Caltanissetta in prima fila per la legalità
Lanciato protocollo d’intesa a livello nazionale


di Rosario Cauchi
21 settembre 2010
Siciliainformazioni.com








L'accordo concluso fra la Camera di Commercio di Caltanissetta e quella di Reggio Emilia, destinato ad impedire l'influenza criminale sull'ampio sistema economico delle due aree, risale allo scorso marzo, adesso i suoi effetti si estenderanno all'intero territorio nazionale.
 Ad annunciarlo, i presidenti dei due enti: Antonello Montante, per la struttura nissena, ed Enrico Bini per quella emiliana.
Un protocollo di legalità che verrà

proposto alla conferenza dei reggenti di tutte le istituzioni camerali italiane: l'obiettivo, semplice ma quanto mai difficile da raggiungere, concerne la costruzione di un vero e proprio blocco all'accesso della criminalità organizzata nel circuito economico legale. “I gruppi mafiosi-secondo il vicepresidente di Confindustria Sicilia Antonello Montante- mirano a creare un costante bisogno, tale da impedire a molte imprese una normale sopravvivenza”.
“Il problema mafia-aggiunge Enrico Bini- non deve essere analizzato solo in una prospettiva meridionale, la criminalità organizzata, siciliana, calabrese e campana, è giunta al nord, area che le consente un rafforzamento del proprio fatturato, non bisogna nasconderlo, per questo un protocollo che definisca regole certe va esteso all'intera penisola”.
Perno essenziale del patto, la possibilità, riconosciuta a tutti gli imprenditori che decidano di denunciare i soprusi subiti, di accedere ad un insieme di agevolazioni, utili al rilancio della propria attività.
Nascerà, inoltre, stando all'annuncio lanciato da Montante e Bini, imprenditori più volte minacciati, un coordinamento composto da tutti i presidenti delle Camere di Commercio italiane incaricato di fungere da vero e proprio osservatorio dello stato delle imprese sui territori di competenza.
“Le mafie-ammettono i due imprenditori-riescono a speculare sulle difficoltà di molte entità economiche italiane, soprattutto di quelle più piccole, garantiscono prestiti quando le banche chiudono i cordoni delle borse, per poi rilevare l'intera azienda una volta che la restituzione del denaro sia divenuta impossibile”.
All'accordo si sono già unite anche le Camere di Commercio di Modena e Crotone.
 

lunedì 20 settembre 2010

L'INCHIESTA

La corsa al mattone di Gela
21 giorni per una casa abusiva

Rush nei cantieri prima dell'arrivo del piano regolatore. Venerdì prossimo, dopo 42 anni di scorribande edilizie, la città avrà finalmente la sua legge urbanistica

dal nostro inviato ATTILIO BOLZONI GELA - In quanto tempo si può costruire secondo voi una casa di tre piani? In un anno? In due? In Sicilia, c'è qualcuno che l'ha fatto in ventuno giorni e in ventuno notti. E fra pilastri e muri portanti ogni particolare è stato ben curato e rifinito, nelle stanze di sotto e anche in quelle di sopra, in cantina, in terrazza. Per il momento il signor N. F. nella sua casa non ci potrà abitare - è stato denunciato sette volte per abusivismo e per sette volte i carabinieri hanno messo i sigilli all'immobile - ma lui sa già che prima o poi lì dentro farà entrare la sua numerosa famiglia.

Siamo tornati a Gela dopo un lungo distacco e quaggiù, estremità aspra che si affaccia sul Mediterraneo, è ancora difficile capire se il vero miracolo sia quello riuscito al signor N. F. che in meno di tre settimane ha visto nascere il suo palazzo oppure quell'altro inseguito dal 1968 e finalmente apparso alla città intera in questa fine d'estate. Si materializzerà a tutti il prossimo 24 settembre con tanto di timbro e pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale: dopo quarantadue anni di attesa anche Gela avrà il suo piano regolatore generale, dopo quarantadue anni di scorribande edilizie anche a Gela si dovrà costruire secondo legge come nel resto d'Italia.

Il problema del signor N. F. forse era proprio questo: fare in fretta, avere pronto il suo nuovo alloggio prima del 24 settembre 2010. Prima del piano regolatore. La guerra delle case in Sicilia non è mai finita e se volete scoprirne di più seguiteci in questo viaggio che s'inoltra in una casba, una delle tante sull'isola, Gela come metafora dell'abusivismo più primitivo, un marchio di capitale del male che si porta dietro per una faida mafiosa ormai lontana e un oggi scivoloso ma non più disperato, appeso al desiderio di non morire di cemento.

E allora eccoci ancora nella Gela delle sue incoerenze più violente, dove fra le mura di Caposoprano cercano la tomba di Eschilo e dove intorno a una casa color rosso pompeiano in via dell'Ara Pacis il paesaggio urbano è un gigantesco blocco di tufo giallo, cubi, scheletri, porte e finestre murate che si inseguono fino a quando la casa a tre piani di N. F. svetta in un cielo blù dove non si spingono nemmeno i fumi del Petrolchimico. La prima volta hanno sequestrato il cantiere a gennaio, quando le ruspe scavavano ancora per le fondamenta. Il giorno dopo qualcuno ha violato i sigilli e qualcun altro ha continuato a spostare terra. Sono arrivati altri sigilli e sono stati chiamati altri operai, nuove denunce e tre imprese che si sono alternate per i lavori anche con il buio. Al diciottesimo giorno a N. F. è stato notificato l'obbligo di firma, ogni mattina e ogni sera costretto a passare in caserma. Ma alla fine la sua casa adesso è la, come lui la voleva.

Quello di via dell'Ara Pacis è uno dei 174 edifici sequestrati dall'inizio dell'anno a Gela (nel 2009 erano stati 192), quando la frenesia costruttiva è divampata un'altra volta. In vista del Piano regolatore la giostra del mattone ha ricominciato a girare. Dalla via dell'Ara Pacis scendiamo verso il lungomare e fra la collina e le dune di sabbia, all'angolo di via Federico II°, i gelesi hanno assistito a un altro miracolo: una villetta di cento metri quadri con i tetti spioventi come uno chalet di montagna, tirata su fra le palme. "Il proprietario del terreno non sapeva niente fino a quando non gli è stato notificato l'ordine di demolizione, un altro è andato lì e ha costruito", racconta Giampiero Occhipinti, il comandante della sezione di polizia giudiziaria dei vigili urbani che indaga sui crimini urbanistici. Spiega Occhipinti: "Rispetto al passato gli abusi sono cambiati: prima costruivano solo nuove case, adesso la metà degli abusi riguardano sopraelevazioni, secondi e terzi piani". Come la palazzina di fronte all'assessorato urbanistico, in via Chopin. Piloni, travi e un altro tetto "spuntato" prima di Ferragosto.

Ma se una volta, 30 o 40 anni fa - quando Enrico Mattei ha portato gli stabilimenti dell'Eni e Gela ha cominciato a vivere il suo sogno texano, dilatandosi esagerata e fino a contare 100 mila abitanti - tutti dicevano che era abusivismo "di necessità", in questi mesi si fanno case fuorilegge per figli e nipoti, ville e villoni. E tra almeno 20 mila immobili costruiti senza uno straccio di autorizzazione e almeno 16 mila richieste di condono insabbiate, non è mai stato demolito neanche un muretto. E' un altro dei miracoli di questa città in bilico fra lo sprofondare nel passato e la voglia di cambiare. "Adesso però si volta pagina", giura Angelo Fasulo, avvocato che è sindaco da tre mesi, "adesso c'è uno strumento urbanistico di programmazione generale vero. Sappiamo cosa dobbiamo fare e dove dobbiamo farlo". Avverte il sindaco: "Non è più il tempo delle incertezze né il tempo di pensare che per costruire una casa bisogna trovare l'amico giusto. Ora c'è solo la legge da rispettare, ci saranno delle demolizioni, Gela deve tornare quello che era prima: una bella città della Sicilia".

Purificare il territorio, eliminare gli orrori. Ma come? Il nostro viaggio ci trasporta a Scavone, sfioriamo le palazzine pericolanti dell'Istituto Autonome Case Popolari - da una dozzina di anni disabitate, abbandonate, carcasse che pencolano minacciose davanti ai lidi dove montagne di sabbia scendono a picco su un mare verdastro - e poi a Settefarine, che è il tracciato più antico del labirinto gelese. Via Boccanegra, via Ghirlandaio, via Juvara, via Indovina. Non c'è un albero, solo il tufo giallo che acceca e che soffoca. E poi le strade dei santi: via Santa Rita, via San Cristoforo, via San Giuseppe, via San Camillo. Case una attaccata all'altra, una dentro l'altra. "Tutta colpa di chi ci ha amministrato: non hanno dato regole, nessuno si è mai preso una responsabilità, l'assessorato all'Urbanistica non ha mai funzionato, lì dentro ognuno fa quello che gli pare", denuncia Giovanni Peretti, un imprenditore che per vedere approvato il progetto del suo albergo ha dovuto aspettare otto anni. Su e giù ogni giorno fra l'assessorato all'Urbanistica e il niente, una terra di nessuno che ha favorito i furbi e i ladri. E i soliti funzionari dell'Urbanistica. Sempre gli stessi. Sfregiata più dalla burocrazia che dalla mafia, Gela si contorce nelle sue deformità.

Lunedì 13 settembre - il giorno della cerimonia di presentazione del piano regolatore - alla procura e alle redazioni dei quotidiani locali è arrivato un anonimo. La lettera di un abusivo: "Sono proprietario di un terreno con destinazione d'uso agricolo... per 25 anni ho fatto istanza per variare la destinazione ma mi hanno rigettato la domanda perché non c'era il Piano regolatore". L'anonimo racconta che ha provato ad acquistare una casa - in cooperativa, edilizia popolare - ma gli sarebbe venuta a costare più di 220 mila euro. Concludeva: "Così per avere un tetto nella stessa periferia nord, visto che il Prg non arrivava mai, sono diventato un abusivo".
Abusivi non si nasce ma si diventa, anche a Gela che ha sempre avuto una mala fama. Ma da questo settembre tutto cambierà, vero? "L'abusivismo non è una calamità naturale e non è necessariamente frutto di una mentalità, qui ha avuto inizio in un periodo ben determinato e ha avuto delle ragioni ben determinate, questo ha sedimentato abitudini", risponde il procuratore capo della repubblica Lucia Lotti che ha dichiarato una guerra senza tregua a piccoli e grandi scempi. E soprattutto a chi favorisce o protegge il business di mattone selvaggio.

Da qualche mese a Gela sequestrano anche gli impianti che forniscono calcestruzzo agli abusivi. A qualcuno viene dato il divieto di dimora in città. Ad altri, come al signor N. F., l'obbligo di presentarsi due volte al giorno in caserma. Ma tra una firma e l'altra sul librone dei "sorvegliati", come abbiamo visto, ha trovato il modo di farsi - e di corsa - la sua nuova casa.
 
(20 settembre 2010)
tratto da Repubblica.it