A GELA C'E' LA GIUSTIZIA SOCIALE?
mio intervento ripreso nella rubrica "Lo dico a La Sicilia" dell'edizione nissena del quotidiano "La Sicilia" di giovedì 16 settembre 2010
Il 3 e il 7 settembre potrebbero diventare giorni storici per la città di Gela con riflessi autenticamente importanti per la Sicilia che vuole riscattarsi dalla mancanza di regole, dalla cultura mafiosa, dai pensieri mai esternati, dalle frasi a metà, dalla paura di scegliere ed infine da una profonda e dilagante ipocrisia che ha colpito la nostra società passando anche da chi la società intende guidarla, rappresentarla, governarla.
Venerdì 3 settembre il vicario foraneo della città di Gela, Monsignor Grazio Alabiso, nel corso di una lunga conferenza stampa, esterna riflessioni che si trasformano, attraverso un’attenta analisi, in un appello alla politica ed al sindacato affinché, in modo forte, motivato e coraggioso, si compiano scelte giuste nei confronti degli ultimi della società e dell’intera città.
Venerdì 3 settembre il vicario foraneo della città di Gela, Monsignor Grazio Alabiso, nel corso di una lunga conferenza stampa, esterna riflessioni che si trasformano, attraverso un’attenta analisi, in un appello alla politica ed al sindacato affinché, in modo forte, motivato e coraggioso, si compiano scelte giuste nei confronti degli ultimi della società e dell’intera città.
Ho letto più volte le considerazioni tanto di Mons. Alabiso quanto del Procuratore capo dott.ssa Lotti e ho compreso che in un “paesone ricco di contraddizioni” si può non essere soli nel constatare che vi è una grande esigenza di coerenza e di riscatto, morale e sociale. Bisogna voltare pagina, “chiedere il conto a chi ha responsabilità”, non tollerare più chi ha paura di osare, di scegliere la denuncia e la proposta quali scelte di vita insieme all’irrinunciabile valore della verità.
Caro Mons. Alabiso, lei ha profondamente ragione, non ci può essere cultura senza verità, in questa città vi è troppa ipocrisia: mi permetto di aggiungere che a ogni scelta corrisponde un conto personale, conto inteso quale luogo di convenienza individuale sottraendo alla SCELTA la ricaduta collettiva che essa ha e ancor più dovrebbe avere nella politica e nel sindacato. Sento forte l’esigenza di trasformare la sua pubblica riflessione in opportunità di dibattito nella città e per i cittadini, guardando gli ultimi, la classe operaia, i disoccupati, i diversamente abili, i giovani e gli anziani.
Sono convinto che il sindacato, ed intendo dire tutti i sindacati intesi come strutture utilizzate dai cittadini per il conseguimento di una maggiore fiducia e di un’ideale speranza volta al cambiamento, riferendomi con quest’ultimo termine, fin troppo maldestramente usato, non a sogni irrealizzabili, ma a un po’ di meritata serenità, attraverso il lavoro, l’ambiente pulito ed una sanità pubblica al loro servizio, abbia un ruolo primario.
Il sindacato che rappresento ha sempre concentrato la sua esistenza, che supera i 100 anni di storia, sulla giustizia, intesa come equità di trattamento, certezza nell’applicazione delle regole scritte e non, buon senso e capacità di ascolto, equilibrio e trasparenza nell’assumere scelte e decisioni. A Gela, ma il fenomeno ha caratteristiche più estese, esiste la “giustizia sociale”? Gli ultimi hanno voce? Chi viene eletto, nel sindacato e nella politica, dice tutto ciò che pensa e opera sempre nel quotidiano per mantenere il “giusto equilibrio” nelle scelte? Questi interrogativi, e potrebbero moltiplicarsi, bisogna porseli, oggi più di ieri.
Le relazioni che ognuno di noi scrive ai congressi sono cariche di analisi, critiche, proposte, paure, e perché no, sogni. Se potessi, firmerei un impegno pubblico di grande e convinto rispetto , e queste riflessioni hanno lo scopo di assumere tale significato, con i lavoratori e le lavoratrici, con gli imprenditori onesti e con le forze dell’ordine, con i giornalisti che in questi anni, tra un articolo di cronaca e uno di politica, sono cresciuti, scegliendo a cosa dedicarsi ed a cosa dedicare la propria esistenza, con la magistratura capace di fare analisi sincere tanto da diventare, per quello che mi riguarda, un contributo alla mia attività sindacale in ambito regionale ed anche alla mia vita ricca di denunce e proposte, e spero di coerenza con i valori che ogni giorno mi fanno compagnia nella mia funzione sociale.
Non vi è un nesso tra le dichiarazioni di Mons. Alabiso e quelle del procuratore Lotti, ma nella vita accade anche questo, che in mancanza di un nesso la casualità abbia voluto che entrambi parlassero di regole, giustizia e soprattutto di un nuovo modello di città.
Credo che Gela e la Sicilia abbiano la necessità di lanciare il cuore oltre il recinto, questo è l’inizio!!! Almeno il mio.
Ignazio Giudice
Dirigente regionale Fillea-Cgil
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